Carceri venete, solo il 14% dei detenuti lavora
Solo 14,65% dei detenuti nelle carceri venete lavora alle dipendenze di cooperative o imprese. Troppo poco secondo l’associazione Nessuno tocchi Caino, legata al Partito Radicale, la cui rappresentante Maria Grazia Lucchiari ha incontrato l’11 maggio 2016 l’assessore regionale al sociale Manuela Lanzarin. L’assunto di base è che fra i detenuti che lavorano durante la detenzione la recidiva è minore, «su dieci detenuti che sviluppano la loro professionalità con orari e ritmi di lavoro solo tre ritornano a delinquere e quindi in carcere» afferma l’associazione. Ma quanti sono i detenuti che in Veneto hanno la possibilità di lavorare?
Carceri in Veneto: lavorano 305 su 2081
Sono 305 i detenuti nelle carceri del Veneto che hanno la possibilità di seguire attività presso cooperative o imprese convenzionate, su una popolazione totale di 2081 reclusi: la percentuale è del 14,65%. Nalla casa di reclusione di Padova il numero maggiore: 129, pari al 22%. In termini percentuali è il carcere femminile di Venezia a segnare il picco veneto con il 39% delle detenute che lavora. Segue Belluno con 30 lavoratori pari al 31% del totale. Poi c’è la casa di reclusione di Padova, seguito da Treviso (30 lavoratori) e Verona (73 lavoratori) a pari quota con il 15% di progetti di inserimento lavorativo. Numeri molto bassi al carcere maschile di Venezia (9 lavoratori, solo il 4%) e in quello di Vicenza (7 lavoratori, il 3% appena). Nessun inserimento lavorativo a nella casa circondariale di Padova né nel carcere di Rovigo.
Carceri venete, i numeri del sovraffollamento
Nonostante la legge “svuotacarceri” che nel 2014 ha mitigato il problema del sovraffollamento – rispondendo così alla condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo che nella sentenza “Torreggiani” che ha rilevato trattamenti «inumani e degradanti» nelle patrie galere – rimane una situazione di eccesso di detenuti rispetto alla capienza degli edifici carcerari. Anche in Veneto. Celle sovraffollate a Verona (144%), a Vicenza (138%), a Venezia nel carcere maschile (130%), a Belluno (109%), al circondariale di Padova (183%) dove 174 persone sono alloggiate in una struttura che ha una capienza regolamentare di 95 posti.
«Nel 2015 nel carcere di Verona si sono verificati 108 atti di autolesionismo, la forma estrema di comunicazione quando nessun’altra è possibile, quando il recluso attende mesi per incontrare un educatore, la figura centrale che ha il ruolo di osservazione e trattamento della persona» si legge nella denuncia di Nessuno tocchi Caino. «Nelle carceri venete 32 educatori hanno in carico 2018 persone – prosegue il rapporto –, così accade che un educatore deve seguire 95 detenuti come al circondariale di Verona o alla reclusione di Padova. A Belluno i 95 reclusi del penitenziario hanno un solo educatore. Sono 1410 gli agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio nei penitenziari veneti».
Il 34% dei detenuti sono tossicodipendenti
La presenza di stranieri nelle carceri venete è molto importante: il 68% Padova circondariale, 64% a Belluno, 61% a Verona, 60% a Vicenza, 59% a Venezia maschile, 50% a Venezia femminile, 44% a Treviso, 41% a Rovigo, 38% a Padova reclusione. I problemi sanitari non mancano: dalla TBC ai disturbi della personalità e del comportamento, dai disturbi mentali alcol-correlati ai disturbi affettivi psicotici trattati con la somministrazione di farmaci ansiolitici, antidepressivi, ipnotici e sedativi. In particolare sui disturbi psichici si concentra il rapporto dell’associazione del Partito Radicale. A Vicenza l’80% dei reclusi soffre di patologie che richiedono la presa in carico del medico con conseguente fruizione delle terapie. Tra le note positive l’Icat al circondariale Due Palazzi di Padova, che ospita 36 detenuti, con ampi spazi per la custodia attenuata degli alcol e tossicodipendenti dai 18 ai 40 anni. I tossicodipendenti nelle carceri venete sono 712 (il 34%).