Smart working nel 6% delle Pmi a Nordest. I casi Safilo e Vodafone

Lo smart working, o lavoro agile, fa i suoi primi passi a Nordest. Le sue soluzioni flessibili vengono applicate in modo organico nel 6% delle piccole e medie imprese del Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna. Eppure l’interesse non manca: un quarto delle Pmi italiane (il 24%) sono in fase esplorativa, cioè si apprestano ad avviare programmi di smart working nel futuro prossimo, mentre un altro 9% ha già introdotto in modo informale logiche di flessibilità e autonomia rivolte solo a particolari ruoli o esigenze del personale.

Il Veneto viaggia un po’ al di sopra della media nazionale – dove il 5% delle Pmi ha avviato piani per lo smart working – mentre il dato italiano sulle grandi imprese mostra un’attenzione assai maggiore: il 17% di esse ha avviato in modo strutturato strumenti digitali, politiche organizzative, nuova progettazione degli spazi per favorire queste forme di flessibilità.

A Milano al lavoro agile dedicano perfino una giornata all’anno. E il decreto del Ministero del lavoro del 25 marzo 2016, che mira ad incentivare tramite la detassazione questo tipo di innovazioni, è in attesa del nulla osta della Corte dei conti per diventare legge. Intanto a fare il punto su questo ampio campo di sperimentazione del lavoro del futuro è una ricerca dell’Osservatorio sullo smart working della School of Management del Politecnico di Milano, presentata nei giorni scorsi a Padova al convegno “Sm@rtworking. Il lavoro agile nel settore manifatturiero” organizzato da Confindustria Padova Servizi innovativi e tecnologici (Sit).

Smart working: che cos’è?

La formula “meno ufficio, più tablet” può aiutare a mettere a fuoco i confini del “lavoro agile”. Che attiene sia ai luoghi – più lavoro da casa, o da luoghi diversi dal classico ufficio, esterni e magari anche condivisi come il coworking – sia ai tempi – meno attenzione agli orari e più ai risultati – con cui viene organizzato il lavoro. Per sua natura è più semplice immaginare queste innovazioni in un ambito di servizi: lavoro “immateriale”, al computer o al telefono, meno legato alla materialità della produzione. «Ora la sfida del lavoro agile si sposta dai servizi al manifatturiero e può trovare spazio nei nuovi contratti aziendali – commenta Ruggero Targhetta, presidente di Confindustria Padova –. È un progetto che rilanciamo in Veneto a imprese e sindacati, nella convinzione che un’organizzazione del lavoro flessibile, volta alla conciliazione di vita professionale e di vita privata, favorisca davvero la competitività delle imprese del territorio».

L’esempio di Safilo

Il marchio dell’occhialeria Safilo ha avviato un progetto di smart working nel suo quartier generale di Padova. Partito nell’aprile del 2016 con una prima fase sperimentale che coinvolge personale di quattro dipartimenti che si è offerto volontariamente, a regime dovrebbe coinvolgere tutti di dipendenti dell’azienda. Consentendo loro di lavorare da remoto.

Chi aderisce al progetto sperimentale dedica il 20% del proprio orario settimanale a lavorare in questa modalità, ed è dotato dall’azienda degli strumenti tecnologici necessari. Per Safilo l’aspettativa legata allo smart working è quella di mantenere ed attrarre talenti e collaboratori, consentendo loro di gestire in modo diverso rispetto al passato il bilanciamento tra tempi di lavoro e di vita personale. L’idea di fondo è l’abbandono di una gestione meccanica dell’orario di lavoro, e la responsabilizzazione e «imprenditorialità individuale», avendo come punto focale i risultati.

Vodafone e le “isole” tematiche

Altro esempio applicato a Padova è quello di Vodafone, che a 3.500 suoi dipendenti in tutta Italia ha dato la possibilità di lavorare in modo “agile” fino ad un giorno a settimana, lunedì e venerdì compresi. L’azienda è poi intervenuta sulla progettazione degli spazi. Il Vodafone Village di Milano e la nuova sede di Padova sono strutturati come open space con “isole” tematiche per riunioni informali, concentration room, aree di condivisione, teatro, caffetteria e coffee area. Per sostenere questa nuova cultura del lavoro, sono state coinvolte le persone e i loro capi in un percorso di formazione e gestione del cambiamento.

 

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