Incentivi aziende Veneto, studio shock: soldi dati male, in alcuni casi dannosi
Incentivi aziende Veneto, e se non servissero? Può sembrare una provocazione, ma potrebbe anche non esserlo. Almeno a leggere il report messo a punto da un pool di ricercatori dell’Università di Padova, coordinati dal professor Carlo Buratti, grazie anche ai dati dell’Osservatorio della spesa del Consiglio Regionale. Un report, raccontato oggi da Marco Bonet sul Corriere del Veneto, che non è certo rose e fiori. Anzi, arriva proprio alla conclusione che non solo in molti casi i contributi non siano serviti a niente, ma siano stati anche dannosi.
Quasi 400 milioni di incentivi aziende Veneto
Prima di tutto i numeri: lo studio prende in considerazione i soldi erogati dal 1980 in poi. Con particolare aumento dal 2008: ovvero da quando la crisi è cominciata a farsi sentire. Una cifra elevata: solo dal 2003 al 2013, ad esempio, sono 388 milioni di euro, per oltre 23mila domande prese in carico. Quasi sempre grazie al gentile apporto di Veneto Sviluppo. L’impatto di questi incentivi? Pressoché zero. Non creano, e lo dicono i ricercatori, «occupazione, fatturato, investimenti». Ovvero sono iniezioni di liquidi che servono per prendere una boccata d’aria, troppo spesso per rinviare l’ora del decesso (aziendale). Sotto accusa anche i criteri, in particolare quelli del fondo di rotazione delle Pmi. O meglio, quelli che dovrebbero essere i criteri, ma non lo sono. Lo studio spiega che succede un po’ di tutto, senza grande raziocinio: troppo spesso vengono dati aiuti per investimenti alle aziende più grandi, già solide, che quindi non ne avrebbero poi così tanto bisogno. In altri casi, invece, si premia un progetto virtuoso senza tenere in considerazione l’agonia conclamata dell’azienda che lo riceve: ed è successo quindi che Pmi “premiate” siano fallite a distanza di pochi giorni.
Incentivi aziende Veneto, il caso di giovani e donne
Note dolenti anche per quanto riguarda imprenditoria giovanile e femminile. In questo caso gli incentivi aiutano, sì, ma ad ottenere un effetto indesiderato. Lo studio dimostra come l’aiuto per l’avvio sia servito a far resistere uno/due anni imprese che si inserivano in un mercato già saturo, di cui non c’era bisogno. Il risultato è presto detto: dopo i primi tempi con l’aiutino, le aziende, lasciate al libero mercato, hanno un tasso di mortalità superiore a quelle senza un aiuto. Lo studio indica anche una soluzione, in linea generale: dare meno contributi a pioggia, usare criteri meno discrezionali ma più rigidi. E soprattutto premiare le aziende che già hanno investito in proprio, magari con grandi sforzi.