Patente a crediti, rischio flop, l'INL chiede di presentare domande due volte

La paura di incorrere in un flop clamoroso è stata tanta; cosicché, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha deciso di prevenire eventuali figuracce. Al fine di evitare che il click day di martedì 1° ottobre mandi in tilt il portale dove almeno 66.300 imprese venete del comparto casa  dovranno presentare digitalmente la domanda per ottenere la patente a crediti, l’INL ha concesso ai richiedenti un’altra opportunità. Da martedì scorso, infatti, possono inviare un’autocertificazione per mezzo Pec che, per tutto il mese di ottobre, costituirà una modalità alternativa all’inserimento della domanda nel portale dell’INL. Operazione, quest’ultima, che comunque dovrà essere eseguita entro la fine del prossimo mese, pena l’impossibilità da parte degli operatori di continuare a lavorare nei cantieri temporanei o mobili a partire dal 1° novembre. Con una conseguenza, purtroppo, molto fastidiosa: per tante imprese la richiesta della patente a crediti dovrà essere eseguita due volte. A denunciarlo è la CGIA di Mestre.

Sia chiaro, a questi soggetti non viene chiesto uno sforzo titanico, ci mancherebbe. L’ “impegno” burocratico da assolvere, infatti, è molto contenuto. Comunque sia, è una questione di principio. Ci troviamo di fronte all’ennesima impreparazione della Pubblica Amministrazione che, nonostante abbia avuto cinque mesi di tempo per “organizzarsi”, continua a scaricare sugli utenti la propria imperizia.  In primo luogo va ricordato che il ministero del Lavoro, conscio del ritardo maturato negli ultimi due mesi, ha comunque deciso di non concedere la proroga all’entrata in vigore del nuovo provvedimento. Ipotesi, quest’ultima,  che qualche settimana fa era stata chiesta sia dalle forze politiche di maggioranza che di opposizione. In secondo luogo va sottolineato che alle aziende viene chiesto di certificare il possesso di requisiti che gli enti preposti (Camera di Commercio, Inps, Agenzia delle Entrate, etc.), dispongono già. Insomma, non c’è verso. La Pubblica Amministrazione continua a fare spallucce, si muove con una lentezza disarmante, continuando imperterrita a chiedere ai destinatari, in questo caso alla aziende, informazioni e documenti in suo possesso.

Servono più controlli sostanziali

Più in generale, inoltre, la CGIA è convinta che con questo nuovo strumento difficilmente si riuscirà a ridurre drasticamente l’elevato  numero di infortuni e di morti bianche che, purtroppo, caratterizzano il settore delle costruzioni. Per contrastare queste tragedie, invece, bisognerebbe aumentare sensibilmente il numero dei controlli ed eseguirli con più efficacia. L’attività ispettiva, infatti, dovrebbe privilegiare i profili sostanziali di sicurezza e di salute nei cantieri, anziché soffermarsi, come spesso accade oggi, sugli aspetti formali privi di alcuna valenza preventiva. Insomma, meno meticolosità sulla completezza di documenti cartacei e relazioni tecniche, più rigore nei confronti di chi, ad esempio, ha montato un ponteggio non ancorandolo correttamente o, nei lavori in quota, non ha installato barriere anti caduta, parapetti e reti di sicurezza.

Cantieri: infortuni in aumento e decessi in calo

Nei primi 7 mesi del 2024 rispetto allo spesso periodo del 2023 le denunce di infortunio nel settore delle costruzioni in Veneto sono aumentate di 284 unità. Se tra gennaio e luglio dell’anno scorso gli infortuni nei cantieri hanno interessato 2.275 persone, quest’anno sono saliti a 2.559 (+12,5per cento). A livello regionale, le variazioni di crescita più importanti hanno interessato l’Umbria (+25,1 per cento), la Campania (+24,2 per cento),  la Sardegna (+23,3 per cento) e la Liguria (+21,3 per cento) (vedi Tab. 2 e Graf. 1). Per quanto concerne le denunce con esito mortale registrate in Veneto sempre nel settore delle costruzioni in Veneto, nella prima parte del 2023 sono state 4, quest’anno una (variazione assoluta -3).  In valore assoluto le regioni più interessate da questi drammi sono state la Lombardia e la Sicilia, ognuna con 10 decessi. Tuttavia, se la prima rispetto a gennaio-luglio del 2023 ha registrato una diminuzione di 4 unità, la seconda, invece, ha subito un incremento di 4. Seguono la Toscana con 9 decessi (+8 rispetto al 2023), l’Emilia Romagna con 7 (+3) e il Lazio con 6 (+4).

Nei primi 7 mesi di quest’anno, in tutti i luoghi di lavoro ci sono stati 18 morti in più del 2023. A Roma, Pavia, Bologna, Ferrara e Palermo le situazioni più drammatiche

In Italia ci sono oltre mille morti sul lavoro e quasi 600mila infortuni all’anno. I cantieri sono tra i luoghi di lavoro più a rischio di incidenti mortali, in particolare per la caduta dall’alto, per seppellimento a seguito di lavori di sbancamento e per soffocamento a seguito di interventi in ambienti confinati. Purtroppo, nei primi mesi di quest’anno la situazione è peggiorata. Tra gennaio e luglio il numero totale dei decessi avvenuti in tutti i luoghi di lavoro ha interessato 577 persone, 18 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. L’area metropolitana di Roma è il territorio più interessato dalle morti; se nei primi 7 mesi del 2024 sono state 49, nello stesso arco temporale del 2023 erano state 33 (+16). L’area capitolina risulta avere il doppio dei decessi avvenuti a Milano che ne ha registrati 23 (-4). Seguono Napoli con 22 (-1) e Brescia sempre con 22 (+3). Segnaliamo, infine, che tra tutte le 107 province d’Italia monitorate, solo 7 non hanno registrato alcun decesso mortale negli ambienti di lavoro. Esse sono: Ascoli Piceno, Arezzo, Benevento, Enna, Pistoia, Prato e Rovigo.

Ti potrebbe interessare