Veneto, più abbandoni scolastici che fuga di cervelli
Nel 2022 i giovani che in Veneto hanno abbandonato la scuola prematuramente sono stati 32.000[1], pari al 9,5 per cento della popolazione presente nella fascia di età compresa tra i 18-24 anni (vedi Tab. 1). Sempre nello stesso anno, invece, i cosiddetti “cervelli in fuga” che se ne sono andati dalla nostra regione per trasferirsi all’estero sono stati 5.000[2]. In buona sostanza i primi sono un numero 6 volte superiore a quello dei secondi (vedi Tab. 2).
Rispetto al 2019, anno pre Covid, la percentuale dei ragazzi veneti che hanno lasciato prematuramente i banchi di scuola è aumentata dell’1,2 per cento. Un risultato in controtendenza rispetto a quasi tutte le altre regioni d’Italia. Diversamente, i “cervelli in fuga” sono in calo: rispetto al 2019 sono diminuiti di oltre 800 unità (vedi Tab. 3).
La “fuga” dai banchi di scuola e quella dei “cervelli” sono due problematiche estremamente delicate che, tuttavia, continuano ad avere, da parte dell’opinione pubblica, livelli di attenzione molto diversi.
Se la dispersione scolastica non è ancora avvertita come una piaga educativa con un costo sociale spaventoso, la “fuga” all’estero di tanti giovani, invece, lo è, sebbene il numero della prima criticità sia molto superiore a quello della seconda, anche in Veneto. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
- Per tante Pmi sarà difficile trovare personale preparato
Se a queste specificità che caratterizzano il nostro mondo giovanile aggiungiamo anche la crisi demografica in corso e la “rivoluzione digitale” ormai alle porte, tutto ciò avrà delle ricadute pesantissime anche per le nostre imprese. Con sempre meno giovani e per una parte importante di essi con un livello di istruzione insufficiente, per tantissime Pmi trovare del personale preparato da inserire nei processi produttivi sarà una mission impossibile.
- Abbiamo pochi diplomati e laureati
L’Italia e in generale anche il Veneto rispetto ai principali Paesi dell’Unione Europea nel campo dell’istruzione/formazione scolastica presentano due grossi problemi:
- un basso numero di diplomati e di laureati, soprattutto in materie scientifiche. Se in tempi ragionevolmente brevi non riusciremo a recuperare il gap con i nostri competitor, corriamo il pericolo di un impoverimento generale del sistema Paese;
- una elevata povertà educativa che, secondo gli esperti, va di pari passo con la povertà economica. Le cause che determinano la “fuga” dai banchi di scuola sono principalmente culturali, sociali ed economiche: i ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e da famiglie con un basso livello di istruzione hanno maggiori probabilità di abbandonare la scuola prima di aver completato il percorso di studi che li porta a conseguire almeno il diploma di maturità.
- Più risorse a sostegno degli istituti professionali
Va altresì segnalato che, talvolta, l’abbandono scolastico può essere causato da una insoddisfazione per l’offerta formativa disponibile. In questo senso va sottolineato lo straordinario lavoro inclusivo svolto dagli istituti di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP)[3]. Queste realtà sono diventate un punto di riferimento per gli allievi di nazionalità straniera, per quelli con disabilità e per gli studenti reduci da insuccessi scolastici precedenti. Scuole che spesso operano in aree caratterizzate da un forte degrado urbano e sociale che, grazie allo straordinario lavoro “antidispersivo” svolto, andrebbero sostenute con maggiori risorse di quante ne sono state messe a disposizione fino a ora.
- La situazione più critica interessa il Sud
A livello territoriale sono le regioni del Sud che presentano i livelli di abbandono scolastico più elevati. Pertanto, dal confronto tra la dispersione scolastica e la “fuga di cervelli” è la Campania a presentare il gap più elevato (la prima è numericamente 16 più grande della seconda). Seguono la Puglia e la Sicilia con 14, e la Toscana e la Sardegna con 8 (vedi Tab. 1).
[1] Popolazione tra i 18 e i 24 anni con al più la licenza media, che non ha concluso un corso di formazione professionale riconosciuto dalla Regione di durata superiore ai 2 anni e che non frequenta corsi scolastici o svolge attività formative.
[2] Popolazione in età 18-39 anni che sono emigrati (cancellati dall’anagrafe).
[3] Dr.ssa Raffaella Cascioli, Audizione Istat presso l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Roma, 18 giugno 2021