Carne, l'eccezione italiana. Dalle Zotte: «Da noi attenzione alla qualità. Ma manca comunicazione con il consumatore»
«In Italia la carne ha un peso diverso da tutto il resto del mondo perché si punta sulla qualità, sia dal punto di vista nutrizionale che di quello della vita dell’animale. Un concetto non banale nel settore della produzione alimentare mondiale». A dirlo è Antonella Dalle Zotte, professoressa ordinaria del Dipartimento di Medicina Animale, Produzioni e Salute (MAPS) dell’Università di Padova. Dalle Zotte è stata l’organizzatrice della 69ª edizione del congresso ICoMST (International Congress of Meat Science and Technology), per la prima volta ospitato a Padova. Si è trattato del congresso internazionale dedicato alla scienza e alla tecnologia della carne, che ha visto la partecipazione di 550 esperti provenienti da 44 Paesi differenti e riunitosi in Fiera, a Padova Congress per discutere, analizzare ed esporre dati e tecnologie nuove del settore.
Professoressa, come si pongono gli studiosi rispetto alla produzione e al consumo di carne?
«Quello che abbiamo visto al convegno è che ogni Paese ha un approccio di studio basato sulla propria cultura e mercato, il che rende anche le esigenze di ricerca differenti. Una cultura che ha mentalità ed esigenze differenti che si riflettono sul lavoro dei ricercatori. Scienziati di tutto il mondo hanno condiviso le loro idee per cercare di ridurre l’impronta di carbonio della produzione della carne. In Asia ed India, per esempio, ci si concentra di più sul “prodotto carne” quindi tutto ciò che riguarda la consumazione stessa e soprattutto la quantità prodotta. C’è la necessità di produrre tanto per rispondere alle esigenze di una popolazione in rapida crescita. Sono state prese in considerazioni anche fonti proteiche alternative, senza tralasciare considerazioni etiche, di sicurezza e insicurezza alimentare, e preoccupazioni ambientali».
E in Italia com’è la situazione?
«In Italia cambia totalmente il concetto di consumo, perché qui l’attenzione è posta sulla qualità. Una qualità che deriva dall’attenzione all’animale in vita. Noi, infatti, seguiamo Una qualità, però, che parte dall’attenzione rivolta alla salute dell’animale, secondo il concetto “One Health” ossia se l’animale è in salute lo sarà anche l’uomo e per questo bisogna che l’animale stia nel miglior modo possibile. La tradizione e la ricerca sono profondamente radicati nella storia, sussistenza, qualità, economia e società. Sebbene l’innovazione sia inevitabile, dovrebbe essere perseguita come un “cambiamento desiderato” che comprende la sostenibilità e il miglioramento della salute umana.».
Qual è il ruolo della carne nella nutrizione?
«Al congresso sono state poste delle domande importanti anche riguardo la salute umana, ovvero il ruolo della carne nella nutrizione. A questo proposito un recente report della Fao ha evidenziato un grosso problema di malnutrizione anche tra le popolazioni dei Paesi occidentali. Malnutrizione che può portare ad anemia, deficit di vitamine e minerali ma anche obesità dovuta soprattutto al consumo di diete squilibrate o ultraprocessate. Qui la scienza e la tecnologia stanno cercando di intervenire per creare degli alimenti che contrastino il problema. La carne e gli altri prodotti di origine animale contengono nutrienti di vitale importanza per l’uomo, difficilmente sostituibili con altre fonti alimentari. Pertanto, i ricercatori stanno cercando di divulgare informazioni, per ridurre il fenomeno della malnutrizione».».
Che sfide si vedono all’orizzonte nel settore della carne
«Se la stessa domanda viene fatta in Paesi diversi la risposta non sarà mai uguale. La popolazione è in continua crescita e desidera avere dei prodotti densi ossia proteici. In sostanza vuole poter mangiare carne ed i derivati animali come hanno fatto le generazioni precedenti senza dover rinunciare a nulla. Al Congresso ICoMST di Padova alcune di queste sono state esposte dagli scienziati, che al concetto della sostenibilità hanno sottolineato l’importanza di un equilibrio con la biodiversità, la nutrizione e la salute umana. Il problema della sostenibilità della richiesta alimentare, e nello specifico della carne, è da
risolvere, perché le attuali soluzioni non sembrano ancora adeguate. Entra qui ancora in gioco la visione differente dell’Italia».
Ovvero?
«Da noi c’è una caratteristica unica rispetto agli altri Stati, ossia che la popolazione ha a cuore quello che mangia. C’è rispetto e attenzione al prodotto proprio perché esiste una tradizione alimentare e culinaria che detta tempi e modi di consumo. E così a questo concetto si adatta la nostra filiera di produzione, le nostre ricerche e le idee sul tema, andando a regolarizzare la sostenibilità del settore».
Una situazione ottimale per il nostro Paese quindi?
«Questo non significa che da noi vada tutto per il meglio. Le nuove generazioni stanno perdendo quest’attenzione al consumo perché manca la trasmissione dei valori ai figli. Se in famiglia non c’è una cultura della cucina, della spesa attenta e della selezione dei prodotti, difficilmente un figlio saprà poi distinguere cos’è di qualità e cosa non lo è. Pertanto, i ricercatori ed educatori, così come gli attori della filiera, dovrebbero puntare sulla comunicazione del valore nutrizionale ed alimentare dei prodotti di origine animale. Al momento l’informazione ed il dialogo con il consumatore è alquanto modesto e
spesso incompleto o impreciso».
Il tema emergente ora è quello della carne sintetica o carne cellulare, cosa ne pensa e che impatto può avere sul settore?
«Quella che è comparsa sulla scena attuale, e che viene impropriamente chiamata “carne”, è l’insieme dei prodotti alternativi alla carne ossia tutto ciò che sembra essere simile alla carne ma che non è tale. Si utilizzano materie prime alternative come funghi, insetti oppure alghe fino ad arrivare alla carne cellulare di laboratorio. totalmente privi di carne o contenenti carne, cioè “ibridi”. Questi prodotti alimentari sono presenti da tempo. Numerosi scienziati presenti al congresso hanno posto l’attenzione sul minor valore nutrizionale di alcuni di questi prodotti, se totalmente in sostituzione ai prodotti di origine animale. Invece, la “carne cellulare” o “lab-meat”, prodotta a partire da cellule, ad oggi pare che le aziende coinvolte incontrino numerosi ostacoli, produttivi, economici e di sostenibilità, e la vendita sembra essere limitata ad un solo Paese.».
Con conseguenze anche normative.
«Esatto, le aziende che si occupano di produzione di carne sintetica sanno che per produrre e vendere serve un vero mercato, cosa che attualmente non c’è. L’unico stato in cui è consentita la vendita e il consumo di carne cellulare è Singapore. Anche se si tratta di un argomento discusso, siamo davvero molto lontani dal vedere l’ingresso della carne sintetica nei nostri mercati. Per capire l’impatto che questa potrebbe avere, inoltre, è necessario che si facciano degli studi sulla sostenibilità, non è semplice creare e riprodurre qualcosa di complesso come la carne ed i suoi valori nutrizionali.».
E nell’ateneo patavino?
«Nell’Università dove lavoro, quella di Padova, la maggior parte dei ricercatori studia l’intero processo produttivo, ovvero dall’animale al prodotto carne, con un focus sull’ambiente, alimentazione e salute dell’animale fin dalla sua nascita. Un numero più limitato di ricercatori è rivolto invece al prodotto finito, puntando di più sulla ricerca di tecnologie per conservare le caratteristiche nutrizionali, tecnologiche
e sensoriali. La ricerca scientifica nel settore zootecnico da carne è molto attiva soprattutto presso il Dipartimento di Medicina Animale, Produzioni e Salute (MAPS), i cui ricercatori operano in un’ottica di salute integrata uomo-animale-ambiente»..