Flat tax, solo il 2,6% degli artigiani veneti beneficia dell'aumento del tetto a 85mila euro

Flat tax, solo il 2,6% degli artigiani veneti può beneficiare dell’aumento a 85mila euro del tetto di reddito per l’applicazione regime forfettario per le partite Iva, deciso dalla legge di bilancio 2023. A segnalarlo è un’indagine dell’ufficio studi di Confartigianato Veneto. Secondo il presidente dell’associazione Roberto Boschetto si tratta di «una misura importante che mira a ridurre il peso della pressione fiscale su imprese individuali e professionisti, ma che interessa, di fatto, un numero esiguo di contribuenti».

«Abbiamo letto di cifre molto superiori che prendono “vita” dal numero di Partite Iva attive in regione con fatturati compresi tra i 65 mila e gli 85 mila euro – spiega Boschetto – ma, per il conteggio reale dei potenziali beneficiari, si deve tenere conto dei paletti e delle regole imposte. Non a caso lo stesso ufficio parlamentare di bilancio ha indicato una platea nazionale dei soggetti potenzialmente beneficiari composta da circa 60mila soggetti di cui circa 6mila quelli del Veneto».

Da una indagine condotta dall’ufficio studi di Confartigianato Imprese Veneto, gli artigiani veneti che potrebbero rientrare nel forfait grazie al nuovo limite, sarebbero appena il 2,67%. Risultato simile, in termini di numeri interi, si ottiene facendo delle proiezioni sui dati forniti dall’Osservatorio sulle partite Iva, aggiornato dal Dipartimento delle Finanze con i dati delle dichiarazioni Iva per l’anno 2020.

Le caratteristiche di accesso e permanenza nel regime dell’imposta sostitutiva al 15% (5% per chi inizia e per i primi 5 anni di attività), tetto dei ricavi e compensi a parte, non sono mutate. Il forfait non consente di sostenere spese per personale dipendente superiori a 20mila euro annui lordi. Voce di costo importante per ogni datore di lavoro. Inoltre, se si sceglie di beneficiare dell’imposta sostitutiva e dei vantaggi ad essa connessi, non è possibile beneficiare di alcuna detrazione fiscale. Di questi tempi, con tassi di interessi sui mutui in crescendo e bonus fiscali maggiorati, in molti hanno ipotizzato un tax planning che vede l’applicazione del regime ordinario Irpef più conveniente rispetto al forfait.

I coefficienti di redditività

Ultimo fattore, ma probabilmente quello che determina, a priori rispetto agli altri, la scelta di molti artigiani di non applicare il regime forfettario, sono i cosiddetti “coefficienti di redditività” da applicare ai ricavi conseguiti nell’anno e che fanno, sostanzialmente, da base imponibile per il 15% dell’imposta. Per le attività rientranti nel campo delle “costruzioni”, ad esempio, idraulici ed elettricisti, questo coefficiente è dell’86%. È come dire che, applicando il regime forfetario, a questi soggetti verrebbero riconosciuti e dedotti costi a forfait per il 14% del proprio fatturato incassato. Insomma, secondo Confartigianato questi coefficienti di redditività standard, spesso non coprono adeguatamente i reali costi sostenuti dall’impresa.

Per un elettricista, segnala l’associazione, si parla di percentuali di costi per l’acquisto dei soli materiali superiori al 40% del volume di ricavi realizzati. Percentuale ben superiore rispetto al 14%. In sostanza, l’elettricista con 75mila euro di ricavi e 33mila euro di reddito lordo, non aveva convenienza ad utilizzare il forfait prima e non ne ha neanche ora che il tetto è stato alzato. A suo carico avrebbe 8.450 euro di Irpef lorda applicando il regime ordinario, contro i 9.675 euro di imposta sostitutiva. Se poi si aggiungesse anche qualche centinaio di euro da scalare a titolo di detrazione per interessi su mutuo o per bonus edilizi, la forbice si allargherebbe ancora di più, sempre in favore del regime ordinario.

La flat tax incrementale

«Una misura, invece, che si ritiene incentivante e che ben si abbina alla volontà di crescita delle micro imprese –aggiunge Boschetto –, è la cosiddetta “flat tax incrementale”, anch’essa introdotta dall’ultima legge di bilancio. L’aliquota unica del 15% si applicherebbe su una base imponibile pari alla differenza tra il reddito 2023 e l’importo più elevato dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, ma non superiore a 40mila euro, ridotta di un 5% del reddito di riferimento. È chiaro che per poterne beneficiare, in partenza, si deve avere un incremento del reddito 2023 rispetto a quello più alto dei tre anni precedenti. Per un artigiano che ha realizzato nel 2020 30mila euro di reddito, nel 2021 50mila euro, nel 2022 45mila euro e nel 2023 realizzerà 60mila euro, il risparmio di imposta potrebbe aggirarsi intorno ai 2.500 euro».

“È certamente apprezzabile – conclude il presidente di Confartigianato Veneto – il tentativo, attraverso questi due provvedimenti, di ridurre le imposte a carico delle imprese e dei singoli cittadini, ma si ritiene utile anche riprendere e continuare i lavori strutturali sulla riforma del fisco, obiettivo comunitario e da non tralasciare».

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