La «lenta agonia» delle partite IVA in Veneto: in due anni scomparsi 2800 artigiani e negozi
In Veneto, dalla fine del 2019 allo stesso periodo del 2021, le due categorie più importanti che caratterizzano il popolo delle partite Iva, vale a dire gli artigiani e i piccoli commercianti titolari di attività di vendita al dettaglio, sono diminuite complessivamente di 2.802 unità, di cui 1.173 piccoli negozi (-2,6%) e 1.629 botteghe artigiane (-1,3%). Se poco più di 2 anni fa c’erano oltre 125.500 imprese artigiane, all’inizio di quest’anno sono scese a poco meno di 124 mila. Più pesante è stata la contrazione dei piccoli negozi commerciali. Prima della pandemia erano quasi 44.800, due anni dopo sono scesi a poco meno di 43.600. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
A livello provinciale veneto, la situazione più critica si è verificata a Rovigo. In termini percentuali, sempre in questi 2 ultimi anni gli artigiani sono diminuiti del 5,4% (in valore assoluto -337), i piccoli negozi addirittura del 6,3% (-154). Male anche Belluno: -2,2% gli artigiani (-103), -3,3% i negozianti al dettaglio (-57). Si segnala, altresì, che quando si analizza la nati mortalità delle imprese, il dato di stock non coglie un aspetto importante. Ovvero, che le aziende che chiudono spesso sono strutturate organizzativamente (hanno dipendenti, storia, esperienza lavorativa, etc.), mentre quelle che nascono nella stragrande maggioranza dei casi sono costituite dal solo titolare e con nessuna esperienza imprenditoriale alle spalle.
Questi dati dimostrano inequivocabilmente che il deterioramento del quadro economico causato dal Covid in questi ultimi 2 anni ha colpito i lavoratori più fragili, quelli senza alcuna tutela, quelli privi di alcun ammortizzatore sociale, spiega la CGIA. Vale a dire la parte più debole del nostro mercato del lavoro. Ovvero, gli artigiani, i piccoli commercianti, le partite Iva, tanti giovani liberi professionisti che a fronte dei ripetuti lockdown e della conseguente caduta dei consumi interni sono stati costretti a gettare definitivamente la spugna.
L’aumento esponenziale dei prezzi, il caro carburante e quello delle bollette potrebbero peggiorare notevolmente la situazione economica di tantissime famiglie, soprattutto quelle composte da autonomi. Anche in Veneto il 70 per cento circa degli artigiani e dei commercianti lavora da solo, ovvero non ha né dipendenti né collaboratori familiari: moltissimi stanno pagando due volte lo straordinario aumento registrato in questi ultimi 6 mesi dalle bollette di luce e gas. La prima come utenti domestici e la seconda come micro imprenditori per riscaldare/raffrescare e illuminare le proprie botteghe e negozi. E nonostante le misure di mitigazione introdotte in questi ultimi mesi dal Governo Draghi, i costi energetici sono esplosi, raggiungendo livelli mai visti nel recente passato.
Il lavoro nero in Veneto
Molti di coloro che hanno chiuso definitivamente l’attività e non sono riusciti a trovare una nuova occupazione, probabilmente continuano a lavorare in “nero”. Dati ufficiali ancora non ce ne sono, ma la sensazione – spiega sempre la CGIA – è che il Covid abbia contribuito ad incrementare sensibilmente il numero degli irregolari, vale a dire di coloro che prestano la propria attività abusivamente. E’ il caso di tanti abusivi che si spacciano per edili, dipintori, parrucchieri/estetiste, falegnami, idraulici ed elettricisti che in questi ultimi 2 anni hanno provocato una concorrenza sleale fortissima nei confronti di coloro che esercitano queste attività in “chiaro”. Secondo l’Istat, l’esercito dei lavoratori “invisibili” presenti in Veneto è costituito da 206.500 persone che ogni giorno si recano nei campi, nei cantieri, nei capannoni o nelle case dei nostri corregionali per prestare la propria attività lavorativa irregolare. Essendo sconosciuti all’Inps, all’Inail e al fisco, gli effetti economici negativi che producono questi soggetti sono pesantissimi: nel 2019 (ultimo dato disponibile) il valore aggiunto prodotto dal lavoro irregolare è di 5,4 miliardi di euro.