Vajont, 57 anni dopo: una tragedia da non dimenticare

«Scrivo da un paese che non esiste più: spazzato in pochi istanti da una gigantesca valanga d’acqua, massi e terra piombata dalla diga del Vajont. Circa tremila persone vengono date per morte o per disperse senza speranza; sino a questa sera erano stati recuperati cinquecentotrenta cadaveri. I feriti ricoverati a Belluno, ad Auronzo ed a Pieve sono quasi duecento». Giampaolo Pansa raccontava così, su La Stampa, la catastrofe del Vajont. Cinquantasette anni fa, alle 22.39, 270 milioni di metri cubi di detriti cancellarono Longarone, Erto, Casso, Pirago, Rivalta, Villanova e in parte Faè. Morirono 1.917 persone.

La frana del monte Toc, il disastro del Vajont, rimangono nella mente di tutti gli italiani, e dei veneti in particolar modo. La vallata ha saputo ricostruire, rialzarsi. E superare anche i processi civili e penali che si conclusero con pene miti, troppo lievi a detta di chi sopravvisse sapendo che il tutto era stato previsto. Già, fu così. Con l’immane beffa del destino che buona parte della tragedia, oltre agli errori umani di chi non svuotò a tempo la diga del Vajont, fu data anche dalla resistenza della diga stessa. Se si fosse squarciata, l’ondata sarebbe stata meno violenta, più diffusa.

Per ricordare vi invitiamo a rivedere lo spettacolo che nel 1997 Marco Paolini s’inventò per ricordare la storia. Difficile non rimanere col magone.

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