Mose, l'Ordine degli ingegneri: «Completo al 93%, basta ritardi»
Il Mose è ormai completo, e la sua ultimazione non ammette più ritardi, ripensamenti e incertezze: in ballo c’è la sopravvivenza di Venezia, sempre più minacciata dalle ripercussioni dei cambiamenti climatici. A fare il punto sulla realizzazione della diga mobile contro l’acqua alta sono stati i 750 ingegneri partecipanti al convegno nazionale lo scorso 8 febbraio, che hanno discusso sui prossimi passi dell’opera.
Finora sono stati spesi 4,27 miliardi, pari al 93% del costo finale di 4,57 miliardi di euro. Questo è il valore del Mose propriamente detto, cioè le dighe mobili contro l’acqua alta di Venezia. Se si aggiungono altri interventi correlati e meno «infrastrutturali» la spesa finora è stata 5,03 miliardi, pari al 92% di quella complessiva prevista di 5,49 miliardi.
Le complessità progettuali
Durante i lavori è emerso che la scelta politica a monte, cioè a livello della sensibilità paesaggista ambientalista, ha fatto maturare un vincolo determinante, cioè l’obbligo di progettare un’opera sommersa. Ad oggi non esiste nessun’altra esperienza analoga e il vincolo progettuale ha impedito paragoni con le barriere del Reno, della Mosa e della Schelda in Olanda, quelle di Rotterdam, di San Pietroburgo e di Londra.
La scelta di allora aveva come obiettivo minimizzare l’impatto visivo sul delicato ambiente lagunare. Da qui l’ideazione del sistema a paratoie sommerse, e quindi non visibili, da innalzare in caso di necessità. La sua realizzazione ha comportato innovative messe a punto progettuali durante il corso della realizzazione a seguito delle problematiche che via via sono emerse durante la fase esecutiva prima e quella gestionale poi.
Non sono più ammissibili ritardi
L’ultimazione dell’opera, secondo la Comunità degli ingegneri riunita all’Ateneo Veneto, non ammette più ritardi, ripensamenti e incertezze decisionali continuando nelle scia delle polemiche. È necessario invece individuare un soggetto gestore del sistema e che venga definita e posta in essere quanto prima una cabina di regia che coinvolga tutti gli Enti interessati e che definisca la metodologia e le regole atte a consentire la chiusura temporanea delle bocche di porto, assicurando tempestività decisionale ed operatività.
Accantonare le polemiche
Ciò di cui oggi la nostra categoria sente il bisogno – hanno fatto presente molti ingegneri durante l’evento – è di accantonare le polemiche, di fare in modo che la negatività generata dalle scandalose vicende corruttive che la Magistratura è riuscita a far emergere e giudicare, sia tenuta nettamente separata dalle valutazioni, anche costruttivamente critiche su alcuni aspetti della progettazione, che devono essere finalizzate a contribuire positivamente alla realizzazione dell’opera.
È necessario che tutte le energie e le attenzioni di tecnici, amministratori e opinione pubblica – correttamente informata e coinvolta – siano rivolte a favorire il superamento di eventuali criticità ed a consentire la migliore conclusione dei lavori, che garantisca il corretto funzionamento del sistema e un’efficace metodologia manutentiva delle opere.
«Il Mose è un’opera molto complessa, unica al mondo: nessuno ha mai fatto delle chiusure di braccia di mare o lagune con installazioni sommerse come si è fatto qui a Venezia. Siamo in una città unica al mondo che richiede soluzioni tecniche assolutamente uniche – ha spiegato Mariano Carraro, presidente dell’Ordine Ingegneri di Venezia -. È un’opera che costa oltre 5 miliardi e mezzo e che costerà ulteriormente per la sua manutenzione, ma è straordinaria rispetto a qualunque altra opera di tipo analogo che è stata fatta nel mondo. I problemi ci sono e il convegno di oggi ne ha messo in rilievo alcuni. L’opera è ultimata al 93% e sarebbe un errore non completarla. Confidiamo nel fatto che chi l’ha progettata abbia tenuto conto di tutti gli aspetti posti in rilievo oggi e cerchiamo di difendere questa città meravigliosa».
Giacomo Porra