MeloVita, il melograno ready to eat lanciato da una startup veneta

«Ma se il melograno cresce in tutto il mondo, perché non coltivarlo in Veneto?». Per Andrea Barbetta, 27enne agronomo padovano, questa domanda è diventata un tarlo. Così, ragionando con gli amici che come lui si sono appassionati alla pianta, ha dato spinta ad un progetto che in poco tempo è diventato realtà, grazie all’intraprendenza di cinque giovani e ad un bando di Coldiretti Veneto.

La prima ad essere catturata dall’idea è stata Elena Migliorini, tecnologa alimentare. A sua volta, Elena ha coinvolto il fratello Fabio, agricoltore, e ancora Silvia Friso, neolaureata in scienze della comunicazione, e Atena Margola, laureata in scienze agrarie e orientata al marketing. I cinque hanno tutti un ruolo ben definito nell’organigramma della startup MeloVita, che conta circa dieci ettari piantati tra le province di Padova e Vicenza, un laboratorio ospitato nell’acceleratore d’impresa H-Farm a Cà Tron di Roncade e già molte presenze nelle fiere di settore.

Confezioni di semi, succhi e miele

Grazie al sostegno dei Consorzi agrari d’Italia i neoimprenditori hanno potuto svolgere ricerche di mercato e studiare il da farsi. Così a pochi mesi dalla prima raccolta prevista appunto da settembre a novembre i presupposti perché l’iniziativa abbia successo ci sono tutti.

L’idea di abbinare bontà e proprietà salutistiche per consumatori, grande distribuzione, industria farmaceutica e rete omeopatica li ha portati ad elaborare confezioni «ready to eat» a base di semi morbidi, con imballaggi ricavati dalla stessa buccia, ed ancora marmellate, succhi, puntando anche al primo miele.

«Per l’innovazione il gruppo ha vinto il concorso promosso da Coldiretti Impresa per il futuro – annuncia durante la presentazione della startup il delegato di Giovani Impresa Alex Vantini -. L’iniziativa mette a disposizione gli aiuti necessari a realizzare un sogno imprenditoriale per i giovani che al divano o ai giochi virtuali preferiscono “divertirsi” facendo il bene della collettività».

H-Farm: «Una svolta»

Timothy O’Connell, head officer of acceleration programs di H-Farm, evidenzia una svolta decisiva: «Questa è una delle esperienze che seguiamo con dedizione perché parte dalle origini e i protagonisti sono i produttori stessi che si occupano anche della trasformazione e commercializzazione. Sono sempre di più le attività connesse al food anche con le sfumature tech, particolarmente in aumento quelle che hanno radici agricole».
Fulvio Brunetta, presidente del Consorzio agrario di Treviso e Belluno e in rappresentanza di quello del Nordest, spiega perché occorre investire in queste scelte andando oltre ai classici servizi alle aziende con cui gli enti consortili si sono fatti strada fino ad ora. «Come per l’agricoltura di precisione, guardiamo alla gioventù grintosa capace di orientare anche i nostri investimenti per la crescita del settore».
Pietro Piccioni e Martino Cerantola, direttore e presidente di Coldiretti Veneto, veri padrini dell’avventura, sottilineano l’importanza del salto culturale manifestato dagli under 30 verso indirizzi nuovi come i cereali minori, l’allevamento di bachi, l’introduzione del nocciolo, del bambù, la pesca ecosostenibile e così via, segno di un cambiamento che è alternativa alla globalizzazione sfrenata.

Stefano Voltolini

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