Nuovo ospedale di Padova, 2006-2016: i 10 anni dell'opera invisibile

Correva l’anno 2006. Fine anno, 29 dicembre. L’attenzione del mondo è catalizzata dalla condanna a morte di Saddam Hussein, che infatti verrà eseguita qualche ora dopo. A Padova, invece, il direttore generale dell’azienda ospedaliera Adriano Cestrone, firma la delibera 970 con la quale chiede al governatore della Regione Giancarlo Galan «l’inserimento nel processo di programmazione ospedaliera dell’ipotesi di costruzione di un nuovo ospedale da realizzare per le finalità assistenziali, di didattica e di ricerca della Scuola di Medicina di Padova». Cestrone si rende ben conto di firmare un atto importante: Padova è un polo medico d’eccellenza, un nuovo ospedale è un’opera che non passerà certo inosservata. Ma sa anche che si tratta dell’atto che certifica un inizio, dà il via a un iter che vedrà coinvolti molti attori. Comune, Provincia (allora un po’ meno esautorata di oggi), ovviamente l’Ateneo di Padova, l’azienda ospedaliera e la Regione, ovvero chi dovrà dare l’ok e trovare le risorse finanziare per costruirlo.

C’è una cosa che né Cestrone né gli altri attori interessati possono sapere, né probabilmente prevedere: dieci anni dopo, a fine 2016, il nuovo ospedale patavino sta a zero. Nessun accordo di programma, nessuna ipotesi realistica all’orizzonte. La firma del direttore generale ha dato il via ad una delle più grandi, se non la maggiore, tela di Penelope del Veneto. Solo che Penelope disfaceva di notte quanto fatto di giorno con un obiettivo chiaro e nobile: aspettare il ritorno del suo amore. Per l’ospedale invece il motto che regna da dieci anni può essere riassunto dalle parole di Mao: «C’è grande confusione sotto il cielo, la situazione è dunque eccellente». Non si capisce però quale sia l’obiettivo, se non quello di danneggiare pazienti, medici e infermieri che ci lavorano dentro.

Padova Est, Padova Ovest, Allegri, via Corrado, nuovo su vecchio, vecchio su vecchio e via così (nonostante ormai si spendano fra i 50 e 100 milioni l’anno di manutenzione, mica bruscolini): il Risiko delle aree proposte è ampio. C’è un posto per tutti, difficile capire quale sia il migliore poi visto che ogni giravolta è stata puntualmente puntellata da relazioni di tecnici, vuoi regionali o comunali, magari gli stessi che fino a qualche mese prima indicavano come perfetta un’altra area. Se volete una cronistoria, ecco la storia del progetto fatta dalla Regione Veneto. Si ferma al 2014, lo sappiamo, ma il lettore non si preoccupi: poi non è successo niente. O meglio, è successo tutto, con un sindaco – Massimo Bitonci – che ha respinto l’accordo di programma su Padova Ovest (firmato nel 2013) per virare prima su via Corrado e poi su Padova Est. Una perdita di tempio, senza dubbio, quella di Bitonci. Va anche sottolineato che anche chi c’era prima ci ha messo del suo: sette anni per firmare un accordo di programma e ancora si era distanti dalla posa di una prima pietra e dell’avvio dei lavori che avrebbe di fatto blindato l’opera. Nessuno si salva, nessuno. Caduta la giunta padovana, anche il nuovo commissario Michele Penta è entrato sul tema: prima ha dichiarato di poter firmare il nuovo accordo di programma, con tanto di tavolo convocato da Zaia, poi ha fatto retromarcia, visto che deve prima avere i poteri di commissario straordinario per poter avallare quello che non è affatto un accordo urbanistico, ma un documento politico. E allora la Regione ha «sconvocato» (sic!) la riunione. Ecco, volevamo partire dalla notizia: ma poi abbiamo avuto pudore, abbiamo pensato che sia meglio disilludere tutti, perché la vera notizia è che non c’è niente di nuovo sotto il sole. Che un ospedale arriverà, prima o poi, ci si può in fondo credere, mal che vada quando quello esistente comincerà a cadere a pezzi. Nel frattempo possiamo metterci comodi e fare tanti auguri al nuovo ospedale. Neanche nato e già dieci anni di vita: miracoli della sanità moderna.

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