Baban: «Super ammortamento fiscale al 300% per le imprese 4.0»
Un super ammortamento fiscale, al 300%, per le imprese che utilizzano strumenti per “sposare” l’industria 4.0. Lo chiede Alberto Baban, presidente della Piccola Industria di Confindustria, durante «Viaggio nell’Italia che innova», il primo meeting nazionale delle Pmi, ospitato dalla Nice Spa di Oderzo e organizzato da Il Sole 24 Ore, Confindustria e la Piccola Industria di Confindustria, in collaborazione con Ey, leader mondiale nei servizi professionali di revisione, organizzazione, assistenza fiscale e consulenza. L’innovazione? Passa attraverso le persone che scelgono di cambiare, di “anticipare” il futuro. Passa attraverso un tessuto di piccole e medie imprese che, superato il paradigma del «piccolo è bello», utilizzano idee e trasferimento tecnologico per uscire vincenti dalla sfida con i nuovi mercati, in costante evoluzione. E proprio le persone, con il loro esempio concreto, e il tessuto imprenditoriale veneto sono al centro della giornata dedicata alle Pmi.
Ed è Baban a lanciare subito il sasso nello stagno. «Noi siamo piccoli, veloci, flessibili: il 4.0 sembra essere stato pensato per noi, per quelli del fatto su misura, capaci di dare risposte immediate. Dobbiamo introdurre misure shock: non mi riferisco solo a infrastrutture, come la banda larga. La loro implementazione è un dato di fatto. Ma mi riferisco agli ammortamenti: prevediamo recupero costo investimenti per industria 4.0 con ammortamenti ad hoc. Così come successo per l’incentivo per i macchinari. Perché non prevediamo un super ammortamento al 300% per tutti gli strumenti che servono a far crescere l’industria 4.0. Fondiamo la conoscenza delle accademie con le startup: valorizziamo la contaminazione, costruiamo una vera rete per il trasferimento di conoscenza. Potenziamo leggi e benefici fiscali per chi investe in startup innovative».
Il presidente della Piccola Industria si sofferma anche su quanto è successo finora. «C’è stata la trasformazione paradigma tradizionale è in corso: non cambia solo la tecnologia, ma il modello sociale su cui abbiamo costruito la nostra ricchezza, tranquillità e sicurezza – continua Baban – Il bisogno assoluto di cambiare riguarda la società e l’impresa: il nostro è il Paese dei paradossi. Ci sono investitori che fanno a gara per comprarsi i brand italiani. Ci sono ancora molti ostacoli: un tax rate troppo alto, burocrazia che mangia i buoni propositi della partecipazione, crisi morale cavalcata da fenomeni corruttivi dal sapore medievale, fragilità euro sistema basato sul modello tedesco inaspettatamente debole, paura che ci fa costruire muri per evitare tutto quello che non sappiamo. La ragione della crisi è dovuta al fatto che non abbiamo capito in tempo quanto stava succedendo, la velocità del cambiamento tecnologico: così abbiamo pagato un prezzo altissimo. Il primo effetto globalizzazione è sovra capacità produttiva. Innovazione diventerà pervasiva e indipendente dalle dimensioni delle imprese stesse».