Caporalato, a Rovigo siglato il protocollo anti lavoro nero

A Rovigo sindacati e organizzazioni datoriali si alleano contro il caporalato in agricoltura. La notizia arriva dopo che, il 15 giugno 2016, la Guardia di Finanza ha scoperto 18 lavoratori marocchini in nero in un’azienda agricola di Concadirame, frazione agricola del capoluogo del Polesine. I lavoratori erano impiegati nella raccolta stagionale degli ortaggi e della frutta, ma non sarebbero stati regolarizzati né contabilizzati dall’azienda. L’imprenditore agricolo è finito nei guai, e un connazionale dei 18 lavoratori è stato denunciato per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, in pratica sarebbe secondo le Fiamme Gialle il «caporale».

Il caso è solo l’ultimo in un panorama di caporalato e lavoro nero la cui incidenza nell’agricoltura veneta è in crescita, come ha denunciato il rapporto presentato nel gennaio 2016 dalla Flai Cgil, “Il lavoro irregolare in agricoltura: uno studio sulla regione Veneto”.

Contro il caporalato, assunzioni per via legale

La reazione di Confagricoltura, Coldiretti e Confederazione Agricoltori da una parte e dei sindacati dei lavoratori agricoli Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil dall’altra è l’adesione al protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura” promosso dal governo, che ha «come finalità principale sostenere e rafforzare gli interventi di contrasto al caporalato e allo sfruttamento su tutto il territorio nazionale, in particolare a partire dai territori di Bari, Caserta, Foggia, Lecce, Potenza, Ragusa e Reggio Calabria». Ma anche Rovigo, a quanto pare. Tra le azioni previste dal protocollo ci sono convenzioni per il «trasporto gratuito per le lavoratrici e i lavoratori agricoli che copra l’itinerario casa/lavoro», l’istituzione di «presidi medico-sanitari mobili», la destinazione di immobili confiscati alla criminalità organizzata per centri di servizio, attivazione di sportelli informativi, corsi di lingua italiana e di formazione al lavoro.

Nello specifico a Rovigo si prevede «la facilitazione nel reperimento di manodopera per le fasi di lavoro intensivi anche con la collaborazione dei sindacati dei lavoratori affinché queste possano transitare attraverso i centri per l’impiego o agenzie autorizzate».

In Polesine braccianti pagati 4 euro l’ora

«Il lavoro nero, diffuso in agricoltura – è il punto di vista della Cgil del Veneto – danneggia, chiaramente, i lavoratori ma danneggia anche le stesse aziende o, perlomeno quelle che applicano i contratti e pagano i contributi e che si trovano di fronte ad una concorrenza sleale fatta da chi non rispetta le regole e arriva a pagare i lavoratori anche 4 euro l’ora.
Il fenomeno del lavoro nero è tanto più grave e diffuso negli impieghi stagionali e saltuari, specie nel periodo della raccolta di frutta ed ortaggi in cui viene impiegata manodopera con bassa qualifica e reclutata per l’occasione anche con forme e modi vietati dalla legge e senza alcun contratto».

«A questo – si legge ancora nella presa di posizione della Cgil veneta – sono interessate diverse migliaia di persone ed in particolar modo i lavoratori stranieri, a volte senza permesso di soggiorno, che, nel settore agricolo, risultano essere il 22% della forza lavoro impiegata. Occorre vigilare perché la legalità venga assunta a priorità nei comportamenti di tutti gli attori del settore e per fare in modo che, anche nel Polesine, non si sviluppino, come altrove, quelle forme di “agromafia” che potrebbero trovare terreno fertile vista l’importanza del settore e la quantità di interessi economici che ruotano attorno al mondo agricolo».

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