Italia leader in Europa per imprese femminili, ma il Veneto arranca

Un primato che sorprende: l’Italia è il Paese UE con il maggior numero di imprese femminili. Secondo i dati dell’Ufficio Studi CGIA di Mestre, nel 2023 le donne italiane titolari di partita IVA impegnate come artigiane, commercianti, esercenti o libere professioniste hanno raggiunto quota 1.610.000, superando nettamente Francia (1.433.100) e Germania (1.294.100). Questo risultato straordinario emerge in un contesto che, paradossalmente, vede il nostro Paese con uno dei tassi di occupazione femminile più bassi d’Europa, fermo al 53,6% contro una media UE del 66,5%.

Le donne imprenditrici italiane si concentrano prevalentemente nei settori dei servizi e del commercio. Il 56% delle attività al femminile è attivo nei servizi alla persona (parrucchiere, estetiste, consulenti) e alle imprese (agenzie pubblicitarie, studi di commercialisti, imprese di pulizia). Circa il 20% opera nel commercio, poco oltre il 10% nell’Horeca (hotel, ristoranti e bar) e un ulteriore 6% è suddiviso tra industria e agricoltura. Questo dinamismo imprenditoriale femminile risponde a due principali motivazioni: da un lato, una necessità economica legata a contesti di disoccupazione o tradizioni familiari; dall’altro, il desiderio di realizzare aspirazioni personali, grazie anche alla flessibilità offerta dall’autoimprenditorialità.

Le province venete: una performance da migliorare

Mentre il Mezzogiorno si distingue per la presenza di imprese femminili (con Cagliari in testa alla classifica con il 40,5% di attività “in rosa”), le province venete occupano le ultime posizioni. Padova è la migliore, in novantesima posizione con 17.746 imprese femminili (20,8% del totale), seguita da Verona (novantunesima, 17.664 imprese e 20,8%), Vicenza (novantasettesima, 14.551 imprese e 19,9%), Treviso (novantaseiesima, 14.725 imprese e 20%). Venezia si posiziona in novantacinquesima posizione con 13.739 imprese (20,1%). Chiude la graduatoria veneta Belluno, in centesima posizione, con solo 2.621 imprese femminili (19,7%).

Questi numeri evidenziano un problema strutturale nella regione, che pur essendo uno dei motori economici d’Italia non riesce a valorizzare appieno il contributo dell’imprenditoria femminile. La scarsa incidenza delle imprese guidate da donne rispetto al totale sottolinea la necessità di politiche mirate per favorire la partecipazione femminile all’economia.

L’autoimprenditorialità come strumento di emancipazione

In Italia, l’autoimpiego rappresenta spesso una via per il reinserimento lavorativo e per la realizzazione personale. Molte donne trovano nell’imprenditoria una risposta alla difficoltà di conciliare lavoro e famiglia, soprattutto in assenza di un adeguato sistema di welfare. L’Ufficio Studi CGIA sottolinea come investire sull’imprenditoria femminile possa contribuire non solo a migliorare il tasso di occupazione, ma anche a promuovere una crescita economica sostenibile e inclusiva.

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