Diversity Management, in Veneto la strada è ancora lunga

Il tema del diversity management fa riferimento alle diverse politiche che promuovo la diversità nel mondo del lavoro. Nella ricerca condotta da Fòrema, realizzata in collaborazione con l’Università degli studi di Padova, sono state coinvolte oltre 630 aziende per fare un punto sulle politiche di gestione relative a risorse umane, welfare, equilibrio tra vita privata e lavoro, formazione e certificazione di parità di genere. Di queste, 90 aziende, 41% di loro appartenenti al settore metalmeccanico, hanno condiviso le proprie pratiche di gestione.

Selezione gender neutral

Il 61% delle aziende non offre servizi a sostegno della genitorialità. Tra quelle che li forniscono, i più comuni sono giorni extra di congedo (17%) e politiche di affiancamento al rientro (12%). I servizi di welfare più diffusi riguardano il sostegno economico, come i buoni pasto o spesa (72%), buoni benzina (47%) e flessibilità oraria (47%). I sociologi evidenziano che il welfare aziendale tende a favorire il supporto al reddito piuttosto che il benessere personale, riflettendo una scarsa attenzione ai bisogni dei dipendenti, soprattutto dei genitori.

Formazione e politiche di genere

L’80% delle aziende non ha svolto formazione specifica su genere, diversità e inclusione, principalmente perché ritenuta irrilevante (46%) o per mancanza di risorse (15%). Tuttavia, tra le poche aziende che hanno offerto attività formative negli ultimi due anni, i temi più trattati sono stati la parità di genere e la sostenibilità sociale (61%), molestie e discriminazioni (56%) e benessere personale (44%). Secondo i ricercatori, la mancanza di formazione in queste aree potrebbe riflettere l’assenza di una cultura organizzativa adeguata.

Linguaggio inclusivo e politiche anti molestie

Il 64,4% delle aziende non utilizza un linguaggio inclusivo, e questa mancanza è riscontrabile in settori eterogenei. Tuttavia, dove la percentuale di donne supera il 60%, l’adozione del linguaggio inclusivo è più diffusa. Inoltre, il 48% delle aziende utilizza un software whistleblowing per la segnalazione anonima di episodi illeciti, mentre il 27% non dispone di alcun canale per raccogliere denunce di violenza. Secondo i ricercatori, l’assenza di strumenti adeguati per la denuncia può scoraggiare le vittime dal segnalare episodi di molestie.

Conclusioni

Claudio Riva, Professore del Dipartimento di Filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata dell’Università di Padova, che ha guidato la ricerca, commenta: «Nel panorama delle aziende coinvolte nell’indagine, la diffusione del diversity management appare parcellizzata e limitata, nonostante non manchino aziende meritevoli che si distinguono dalle altre. Vi è una tendenza generale a riconoscere l’importanza di un modello organizzativo più attento ai lavoratori e alle lavoratrici, che tuteli l’equità di trattamento e l’inclusione sociale, nonostante di fatto questa consapevolezza rimanga ancora solo su un piano prevalentemente teorico per la maggior parte delle aziende. La cultura aziendale resta uno degli aspetti chiave su cui è fondamentale lavorare per innescare un cambiamento e renderlo permanente, evitando che le azioni e i processi messi in campo abbiano un impatto solo su un piano formale, correndo il rischio di trasformarsi in casi di pinkwashing aziendale, ovvero azioni apparentemente solidali messe in atto dalle aziende a favore delle donne».

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