L'Italia invecchia: in Veneto entro dieci anni potrebbero esserci più pensionati che lavoratori

In Italia nel 2022 c’erano 22 milioni e 772 mila pensionati, a fronte di 23 milioni e 99 mila lavoratori, con un saldo positivo di 327 mila unità. Un dato favorevole, che non mostra però la marcata frattura di questi dati se distribuiti nel territorio, con il sud del Paese in negativo e solo 9 regioni con rapporti positivi tra pensionati e lavoratori. Il Veneto, tra queste, con 1 milione e 803 mila pensionati e 2 milioni e 145 mila lavoratori occupa la seconda posizione, con un saldo di 342 mila unità, secondo solo alla Lombardia.

Questi sono i risultati evidenziati dal report di CGIA Mestre, che attraverso la rielaborazione dei dati previdenziali e occupazionali di Inps e Istat prevede che anche le regioni in saldo positivo, nell’arco di 10 anni raggiungeranno il pareggio tra pensionati e lavoratori, portando in saldo negativo il Paese.

Nelle province venete, i dati sono generalmente positivi, nella classifica provinciale infatti Verona occupa la sesta posizione (+86 mila), Padova la nona (+74 mila) seguita in classifica da Vicenza (+67 mila), Venezia (+63 mila) e Treviso (+61 mila). Netto stacco per le province di Belluno (+0)  e Rovigo (-9 mila), che alla quarantottesima e sessantaseiesima posizione pareggiano o addirittura sono in perdita di occupati rispetto ai pensionati.

La situazione demografica italiana sta sollevando preoccupazioni significative per il futuro del sistema previdenziale e sanitario. Con la crisi demografica in corso, risulta sempre più difficile sostituire i lavoratori che stanno uscendo dal mercato del lavoro. Questo squilibrio è destinato ad aggravarsi, mettendo a rischio la sostenibilità economica del sistema. Un Paese con una popolazione sempre più anziana potrebbe affrontare gravi sfide nei prossimi decenni per mantenere l’equilibrio dei conti pubblici e conservare i livelli di ricchezza attuali. L’aumento delle spese sanitarie, pensionistiche, farmaceutiche e di assistenza alle persone rappresenta un peso crescente per l’economia. Inoltre, la presenza diffusa di over 65 potrebbe avere ripercussioni negative su alcuni settori economici chiave. La popolazione anziana, con una minore propensione alla spesa rispetto ai giovani, rischia di ridurre il giro d’affari in mercati come l’immobiliare, i trasporti, la moda e il settore ricettivo (HoReCa).

D’altro canto, le banche potrebbero beneficiare di questa situazione. Gli anziani, più inclini al risparmio, potrebbero aumentare i propri depositi, favorendo così la crescita economica degli istituti di credito. Tuttavia, l’impatto complessivo di una popolazione invecchiata richiederà politiche attente per mitigare gli effetti negativi e sfruttare al meglio le opportunità.

Afferma il segretario della CGIA, Renato Mason:

«Con tanti pensionati e pochi operai e impiegati, la spesa pubblica non potrà che aumentare, mentre le entrate fiscali sono destinate a scendere. Questo trend, nel giro di pochi anni, minerà l’equilibrio dei nostri conti pubblici. Per invertire la tendenza dobbiamo aumentare la platea degli occupati, facendo emergere i lavoratori in nero e aumentando i tassi di occupazione di giovani e donne che in Italia continuano a rimanere i più bassi d’Europa».

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