Canale di Suez: manifattura veneta a rischio stop
Le recenti tensioni geo politiche legate ai conflitti nei paesi mediorientali portano nuovamente alla ribalta l’importanza dello snodo di Suez per l’economia mondiale, europea e italiana. Il blocco della rotta commerciale più battuta ha causato un rallentamento degli scambi commerciali con i paesi dell’Est Asiatico: le aziende devono fronteggiare ritardi penalizzanti, aumento dei costi di carburanti per i trasporti e dei premi assicurativi per garantire l’incolumità delle merci. Conseguenze pesanti che si
ripercuoteranno a breve anche sull’economia delle PMI venete. Tramite il canale di Suez, infatti, transita il 40% dell’import e dell’export veneto per l’Asia: su 82 miliardi di export veneto, quasi 10 miliardi (9,6 miliardi) riguardano il mercato asiatico; su 72 miliardi di import, 7 miliardi provengono dall’Asia e rischiano ora lo stop. Il blocco dei transiti mette seriamente a rischio gli approvvigionamenti di materie prime e di materiali utili non solo per la vitalità del tessuto imprenditoriale veneto, ma anche per la realizzazione delle opere previste dal PNRR, dato che i comparti più esposti sono i macchinari (15 miliardi di export), elettronica, mezzi di trasporto diversi dagli autoveicoli, tessile e farmaceutica. Si stanno studiando rotte alternative che circumnavigando l’Africa tentano di ovviare all’assalto alle navi mercantili, ma ciò può portare ad un costo raddoppiato dei noli marittimi, mentre alcuni aumenti sono già in corso con un grave rischio di speculazioni.
«In questo inizio del nuovo anno si prospettano scenari davvero difficili – commenta il Segretario CNA Veneto Matteo Ribon -. Abbiamo chiuso il 2023 con la preoccupazione legata alla crisi del mercato tedesco al quale le nostre PMI artigiane sono fortemente ancorate. Le attuali tensioni geopolitiche che rischiano di bloccare i trasporti attraverso il canale di Suez, snodo vitale per l’economia del nostro Paese, potrebbero portare ad uno stop dell’intera manifattura veneta che sia dal punto di vista logistico che di approvvigionamenti necessita di tratte e tempistiche sicure. Come sistema Paese siamo troppo dipendenti da importazioni di materie prime, materiali e componentistica dall’area dell’Est Asiatico: è necessario oramai pensare a diversificazioni degli approvvigionamenti su tratte e attraverso paesi del contesto europeo. Non possiamo più permetterci di gravitare pressocché totalmente intorno ai mercati asiatici: è il momento di impiantare produzioni a livello europeo e di rafforzare la scelta strategica sulle componentistiche e sulle materie prime all’interno del nostro contesto per evitare di rimanere dipendenti da situazioni come quella che si sta verificando che prevedono inevitabilmente tempi lunghissimi di risoluzione.»