Alpi italiane: in un secolo un mese in meno di neve. Lo studio di Unipd e Isac

Negli ultimi cento anni la durata del manto nevoso sulle Alpi italiane si è accorciata di più di un mese. È questa l’osservazione più preoccupante che emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Nature, ad opera di una squadra di ricercatori dell’Università degli studi di Padova e dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (Isac) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna.

Con la coordinazione del professor Marco Carrer del Dipartimento Territorio e Sistemi AgroForestali di Padova, l’analisi si è basata sull’osservazione di un arbusto estremamente diffuso, il ginepro, per arrivare a ricostruire le condizioni di innevamento negli ultimi sei secoli.

Questo è stato possibile perché si dà il caso che il ginepro possieda alcune caratteristiche che lo hanno reso uno strumento di misurazione naturale per lo studio in oggetto. Oltre a vivere anche più di 400 anni, l’arbusto infatti cresce orizzontalmente molto vicino al suolo ed è in grado di registrare nei suoi anelli di accrescimento la durata della copertura nevosa.

I ricercatori hanno pertanto incrociato le misure degli anelli di accrescimento del ginepro con un modello di permanenza del manto nevoso elaborato per l’occasione, riuscendo ad ottenere uno spettro di informazioni su un arco temporale mai così esteso per le precipitazioni nevose.

E potrebbe risultare a questo punto stonata l’associazione dello studio con le ultime dichiarazioni che arrivano dagli assessori delle regioni alpine, che parlano di un “prodotto alpino italiano nelle condizioni ambientali ottimali per offrire una vacanza legata allo sci di qualità.

Le nevicate di metà dicembre e il lavoro svolto dagli impianti nella preparazione delle piste, non avrebbero quindi compromesso le condizioni di sciabilità dei comprensori. Nella stessa nota congiunta comunque, le regioni alpine italiane tengono a richiamare l’attenzione del governo sugli interventi ai bacini per l’innevamento artificiale, nell’ottica della continuità dello sviluppo turistico invernale.

Detto ciò, è importante ricordare che lo studio condotto dall’Università di Padova e dall’Isac è rivolto ad un orizzonte temporale estremamente esteso ed è, per sua natura, un’analisi di lungo periodo che deve preoccupare per il futuro. Viceversa le recenti osservazioni delle regioni alpine rappresentano la realtà odierna, in un’ottica turistica.

Insomma, oggi la neve c’è, ma il pericolo serio è che anno dopo anno ne avremo sempre meno.

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