Diversità e inclusività, uno studio: nel Triveneto scarsa consapevolezza
Omnicom PR Group ha presentato la prima ricerca che analizza il livello di percezione e consapevolezza sui temi di diversità, equità e inclusività. In generale, in Triveneto si registrano meno informazione e apertura su questi argomenti rispetto alle medie nazionali.
«Omnicom PR Group Italia ha voluto analizzare lo stato attuale della percezione e della consapevolezza, tra popolazione e lavoratori, circa temi di DE&I – ha affermato Massimo Moriconi, general manager & amministratore delegato di Omnicom Public Relations Group Italia (nella foto) – I risultati, a volte sorprendenti e diversi tra Regioni, ci restituiscono un Paese che ancora non crede pienamente nella possibilità di costruire un mondo più equo, inclusivo e rispettoso delle diversità. Mentre fattori come pandemia, guerra, crisi energetica e ambientale rimangono determinanti nella definizione del contesto di pensiero sociale, le aziende diventano luoghi ‘protetti’ dove condividere programmi e comportamenti virtuosi.»
La percezione di diversità, equità e inclusione nel Triveneto
In Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia gli intervistati sono meno informati sulle tematiche in questione rispetto alla media nazionale (40% vs 50% a livello Paese). Ne hanno sentito parlare di più ma non si sono informati abbastanza (54% vs 43%). Forse questo è il motivo per cui il 20% degli intervistati (contro una media italiana del 14%) ritiene che la diversità crei problemi e difficoltà. Non solo: sembrerebbe che alcune diversità mettano la nostra società di fronte a una sfida maggiore: queste sarebbero lo stato economico (27% degli intervistati nel Triveneto vs 19% della media nazionale), il sesso biologico (29% vs 23%), abilità e disabilità di vario tipo (33% contro il 27%).
Riguardo alla percentuale di diversità presente nella propria cerchia di parenti, amici e conoscenti, emerge che il 45% degli intervistati (vs 34% media nazionale) frequenta quasi esclusivamente o esclusivamente persone bianche, che il 40% (vs 30%) frequenta quasi esclusivamente o esclusivamente persone italiane, che il 31% (vs 24%) frequenta quasi esclusivamente o esclusivamente persone provenienti dalla propria area geografica e che il 31% (vs 27%) frequenta quasi esclusivamente o esclusivamente persone eterosessuali.
Inoltre, il 30% degli intervistati nel Triveneto (contro una media nazionale del 14%), afferma che sarebbe un problema il contatto con la diversità di stato di cittadino, mentre per il 24% (contro il 15%) sarebbe un problema il contatto con persone di religione diversa e per il 23% (contro il 14%) sarebbe un problema il contatto con persone di orientamento politico, ideologico e valoriale diverso dal proprio.
Per quanto riguarda il perché a volte non sia sempre di primaria importanza essere inclusivi, il Triveneto dimostra un sentimento fortemente negativo verso l’inclusione rispetto alla media nazionale: «non vedo perché dovrei impegnarmi a essere inclusivo quando molte persone diverse da me non fanno lo stesso verso la mia cultura» (21% vs 13%); «interagire con persone molto diverse è faticoso» (19% vs 12%); «sono diffidente perché sento spesso parlare di comportamenti negativi di certi gruppi sociali» (20% vs 11%); «se devo interagire con persone molto diverse da me non so se fidarmi o averne paura» (15% vs 10%). Parlando poi del futuro, solo il 55% degli intervistati (contro il 68% della media nazionale) afferma che nei prossimi 3-5 anni in Italia ci sarà una maggiore varietà di persone.
Rispetto all’equità, solo il 38% degli intervistati (contro il 44% della media nazionale) afferma di valutare le persone sempre e solo in base al comportamento.
Come potrebbero cambiare le cose?
Delle attività di dialogo permetterebbero a tutti (anche a coloro che si ritengono davvero inclusivi) di scoprire i propri pregiudizi inconsci e di affrontarli: lo ritiene il 43% degli intervistati in Triveneto (vs 37%). Si percepisce un certo scetticismo, rispetto alla media nazionale, sul ruolo delle aziende nel favorire il diffondersi della diversità, equità e inclusione. Il 57% degli intervistati (contro una media italiana del 68%) ritiene che un’azienda non dovrebbe limitarsi a essere attiva nella diversità&inclusione, ma dovrebbe spingere i propri clienti a esserlo. E solo il 60% (vs 66%) preferisce un’azienda che si impegna in progetti di diversità&inclusione ad aziende che non lo fanno.
I dati nazionali
Solo il 49.6% della popolazione italiana afferma di essere ben informato sui temi di diversità, equità e inclusione e la conoscenza di questi temi è superiore nelle aziende dove la percentuale raggiunge il 53.7%.
Inoltre, il 65.8% della popolazione concorda che ci sia molta diversità in Italia. Un maggior livello di diversità è avvertito da 55-65enni (72%) e dagli abitanti dei piccoli comuni con meno di 10mila abitanti (72%).
Lavorare in azienda cambia l’atteggiamento individuale verso i temi di discussione: la percezione di opportunità positiva è superiore. La diversità, in tutte le sue manifestazioni, crea opportunità per il 60.1% dei lavoratori in Italia; è soprattutto rilevante per le donne (65% vs uomini 56%) e per i più giovani (18-34enni: 66% vs 55-65enni: 55%). Anche il tema dell’equità è stato percepito dai lavoratori con più ottimismo: oltre il 75% dei lavoratori crede l’equità in Italia sia “molto o abbastanza” garantita dalla meritocrazia.
Quando si pensa ai motivi per cui si fatica ed essere pienamente inclusivi, il 24.1% ritiene che ci siano più cose da condividere con chi è più simile a sé, il 22.8% è convinto che vengano “prima gli italiani”; la parte rimanente comprende il 19.3% che pensa che l’inclusività necessiti di molto tempo e il 14.9% che ritiene che necessiti di mezzi culturali per comprendere la diversità.
La ricerca è stata commissionata ad Istituto Nazionale AstraRicerche da Omnicom PR Group. L’indagine è stata realizzata online nel periodo compreso tra il 24 e il 27 aprile 2022 su un campione di 1.021 italiani 18-65enni e 1.005 lavoratori italiani in aziende con 4+ lavoratori.
In foto: Massimo Moriconi, general manager e amministratore delegato di Omnicom PR Group