Padova, rinnovati i contratti di 9 lavoratori su 10 nelle imprese artigiane
Indennità di reperibilità e trasferta, formazione, compensazioni con una-tantum, ma soprattutto strumenti di welfare: dalle cure odontoiatriche ai pannolini e al latte artificiale per le neomamme, dal contributo per l’asilo nido dei figli a quello per l’acquisto della prima casa. Tra la fine del 2021 e i primi mesi del 2022 l’89% dei lavoratori delle imprese artigiane padovane ha avuto il proprio contratto rinnovato: in un periodo di crisi e difficoltà il mondo artigiano ha saputo trovare energie per mettere più risorse nelle tasche dei dipendenti e soprattutto per potenziare ulteriormente strumenti di welfare concreto che riesce ad arrivare a migliaia di lavoratori.
«È uno sforzo significativo per le imprese artigiane. Appena usciti dalla pandemia gli imprenditori hanno dovuto far fronte ad aumenti dei prezzi delle materie prime e dell’energia che hanno messo a rischio la ripresa» dichiara Luca Montagnin, presidente di CNA Padova. «Con questi rinnovi contrattuali, e con i nuovi strumenti concreti di welfare messi in campo, si dimostra ancora una volta che per noi i dipendenti sono una risorsa centrale e strategica».
Rinnovi contrattuali: le cifre nella provincia di Padova
In provincia di Padova le imprese artigiane con dipendenti sono 7042 e occupano 32.207 addetti. Si tratta di una importante fetta di lavoratori impiegati in aziende dei più diversi comparti. La maggior parte dei dipendenti, circa il 46%, sono occupati nelle imprese della metalmeccanica che comprende: impiantisti elettrici e idraulici, autoriparazione, manifattura meccanica ma anche odontotecnici e orafi. Il secondo comparto è il tessile che occupa 5158 addetti pari al 16% e comprende il tessile, calzatura, concia, pulitintolavanderie e anche ceramica, vetro e chimica gomma plastica. Proseguendo in ordine di dimensione degli occupati troviamo l’alimentare con 3229 addetti pari al 10% comprendendo anche i panificatori. A seguire legno, benessere (acconciatura ed estetica), trasporto merci, imprese di pulizia e comunicazione.
Tra la fine del 2021 e il 2022 l’89% di questi lavoratori ha visto il proprio contratto rinnovato. I rinnovi hanno avuto inizio partire da maggio 2021 con l’autotrasporto, a dicembre 2021 la metalmeccanica e l’alimentare, nel 2022 tessile, legno e comunicazione. Quindi in piena crisi pandemica associazioni di categoria e sindacato sono riuscite a trovare un accordo che premia i lavoratori delle aziende artigiane. Tra i contratti non rinnovati il benessere, che rappresenta il settore che più ha pagato la pandemia e che ancora all’inizio del 2022 si confrontava con chiusure e restrizioni.
Il rinnovo contrattuale non ha avuto solo risvolti quantitativi (nel numero di lavoratori coinvolti e nelle risorse erogate) ma ha messo in campo anche nuovi strumenti per le imprese e per i lavoratori. Per le imprese in alcuni contratti si è riusciti a regolamentare ulteriormente il lavoro a tempo determinato aggiungendo delle causali con la finalità di diminuire il contenzioso. Nell’alimentare si è introdotta una modalità di part time che consente di evitare l’utilizzo di strumenti impropri come gli stage o i tirocini.
«Nell’artigianato il dipendente è a stretto contatto con il datore di lavoro e sempre più il dipendente è una risorsa strategica per l’impresa» afferma Erica Dario, responsabile della consulenza del lavoro di CNA Padova. «Nei rinnovi contrattuali si è manifestata la forte la volontà di mettere a disposizione degli imprenditori nuovi strumenti per accompagnare la crescita professionale ed economica delle risorse umane».
Dal lato degli addetti sono state inserite importanti novità: l’indennità di reperibilità e trasferta, la formazione, la compensazione dei rinnovi contrattuali con delle una-tantum. La parte più significativa dei rinnovi è stata la scelta di potenziare il welfare contrattuale. L’artigianato ha degli strumenti di welfare molto consolidati e che permettono di accedere a prestazioni significative per i lavoratori. Il welfare contrattuale, di fatto, è la declinazione nell’artigianato del welfare aziendale: nelle piccole imprese artigiane si utilizzano strumenti come EBAV (ente bilaterale artigianato veneto) e SANI.IN.VENETO (fondo sanitario per tutti i dipendenti). Per spiegare cosa prevedono questi strumenti basta fare qualche esempio: se un lavoratore si è assentato dal lavoro causa Covid riceve 35 euro al giorno (la media di assenza è di 8 giorni lavoravi quindi riceve 280 euro); per cure odontoiatriche rimborsi di importanti prestazioni.
Per la neomamma un premio di 500 euro alla nascita di Ebav mentre SANI.IN.VENETO copre i costi dei pannolini e del latte artificiale al 100% oltre a dare un pacchetto di esami fino a 1.500 euro (test DNA, ecografia, traslucenza nucale, ecc.). L’apprendista quando si qualifica riceve 250 euro e se rimane a lavorare nell’azienda ne ha altri 500 dopo 5 anni. Ci sono poi 150 euro per le spese del figlio al nido, alla primaria o alla secondaria che salgono a 350 se i figli sono due. Infine 1200 euro per l’acquisto della prima casa.
«Da questi esempi emerge come il welfare contrattuale nell’artigianato metta a disposizione risorse importanti per i dipendenti. La tutela della salute e l’attenzione al lavoro femminile sono due caratteristiche molto innovative del welfare artigiano: altri settori non sono così avanzati» precisa Erica Dario.