Inflazione, in Veneto oltre la metà dei pensionati messi in crisi dall'aumento dei prezzi
L’inflazione alle stelle, che in Veneto supera il 6%, e in particolare i rincari di luce e gas stanno colpendo pesantemente oltre la metà dei pensionati veneti. A dirlo sono i risultati di un questionario realizzato dallo Spi Cgil regionale al quale hanno risposto in pochi giorni oltre mille persone. Dall’indagine emergono anche le altre preoccupazioni che assillano i pensionati della nostra regione: dalla guerra in Ucraina al lavoro di figli e nipoti. E non stupisce, dunque, che il 60% del campione coinvolto intraveda un futuro molto incerto. Ma c’è anche un altro 22% che ha prospettive negative e molto negative.
Il questionario del sindacato è stato diffuso due settimane fa per testare il “sentiment” dei nostri anziani in questo delicatissimo periodo storico. La partecipazione al sondaggio è stata massiccia e si è potuto così tratteggiare un quadro molto preciso della situazione.
Il 55,1% dei pensionati veneti denuncia che i rincari di luce e gas stanno influendo in modo decisivo sul bilancio di fine mese. Una situazione molto complessa determinata da una inflazione che ha superato, e di molto, l’1,7% registrato nel 2021 e utilizzato per l’adeguamento delle pensioni nell’anno in corso. D’altra parte, come conferma una recente analisi dello Spi, nei primi tre mesi dell’anno una coppia “tipo” di anziani veneti ha speso circa 82 euro in più dello stesso trimestre del 2021 per l’energia elettrica, rincarata del 131% da gennaio a marzo (Fonte: Arera), e 165 euro in più per il gas (aumentato del 94%). Ciò significa che i due pensionati solo per le forniture hanno sborsato 247 euro in più rispetto all’anno precedente, 123,50 euro a testa. L’impatto dei rincari di luce e gas è mitigato dalle strategie di contenimento adottate dall’81% degli anziani, anche perché il 72,8% del campione coinvolto nel questionario riteneva insufficienti gli interventi messi in campo dal governo.
Oltre alle bollette, ci sono altri rincari che stanno minando i redditi di pensionati (e lavoratori). Infatti il 12,5% degli anziani coinvolti nel questionario indica nell’aumento del costo del carburante la seconda causa della perdita del potere d’acquisto, mentre un altro 10,6% è in difficoltà con l’impennata dei prezzi nel carrello della spesa.
Sono molti dunque i suggerimenti (o, meglio, le richieste) nei confronti del governo. Un pensionato su due chiede l’adeguamento “in corsa” all’inflazione reale dell’assegno previdenziale per recuperare il potere d’acquisto eroso dai rincari. Il 25,6% suggerisce di abbassare la tassazione sulle pensioni, che è la più alta d’Europa, il 12,5% invoca l’innalzamento delle pensioni più basse.
Oltre ai rincari, la principale preoccupazione di questo periodo è legata alla guerra in Ucraina. Lo dice il 45,1% del campione coinvolto. Il 18,6% degli anziani è preoccupato invece dalla pensione troppo bassa e un altro 19,8% dal lavoro di figli e nipoti. La pandemia, invece, fa molto meno paura di prima, tanto da passare in secondo piano rispetto all’inflazione e al conflitto. In ogni caso, le prospettive per il futuro non sono per nulla rosee. Il 60% dei pensionati lo vede “incerto”, ma il 22% ha prospettive “negative” (11,1%) o “molto negative” (11,2%).
«Una prima considerazione che mi sento di fare è che i nostri pensionati e le nostre pensionate in tanti hanno sentito l’esigenza di dire la loro e questo è sempre un buon segnale. Poi è comprensibile che emergano forti preoccupazioni, visto il periodo molto difficile che stiamo vivendo – commenta Elena di Gregorio segretaria generale dello Spi Cgil del Veneto – La povertà cresce e i prezzi si impennano e per molti pensionati la situazione si fa sempre più difficile. Chiediamo al governo, dunque, di valutare la situazione dei nostri anziani che stanno perdendo potere d’acquisto a causa di una inflazione programmata all’1,7%. Chiediamo l’estensione del bonus energia oltre i 12 mila euro di reddito Isee, l’innalzamento della quattordicesima per le pensioni più basse e l’ampliamento della platea dei beneficiari e un intervento serio sul fisco, perché è inaccettabile che pensioni e lavoro dipendente siano tassate più delle rendite finanziarie. È il momento di intervenire a sostegno dei più fragili attraverso una redistribuzione della ricchezza prodotta nel Paese! Il bonus di 200 euro previsto nel “decreto aiuti” è una prima risposta ma rimane una soluzione tampone che non aiuta in modo strutturale a superare l’impennata dell’inflazione».