Lavoro, anche tra i giovani veneti la pandemia spinge disoccupazione e precariato
Una pandemia che ha certamente acuito la crisi occupazionale, che i più giovani stavano attraversando già prima del 2020. Ed è proprio il rapporto tra giovani e lavoro in Veneto l’oggetto del focus pubblicato nel numero di febbraio di Statistiche Flash realizzato a cura dell’Ufficio Statistica della Regione del Veneto, intitolato «Il futuro (è) dei giovani».
Nel 2020 la situazione occupazionale dei 20-29enni è precipitata: il tasso di occupazione è inferiore di 11 punti percentuali rispetto al 2008 e di 10 punti percentuali rispetto a quello della popolazione in età attiva cioè nella fascia 15-64 anni. Il trend si è invertito a scapito dei giovani: nel 2008 il tasso di occupazione dei veneti tra i 20 e i 29 anni era più alto rispetto a quello della popolazione in età attiva, 67,4 per cento contro il 66,4 per cento, e il tasso di disoccupazione non superava il 7 per cento. Con il 2009 il quadro è mutato, portando il tasso di disoccupazione nel 2015 al record del 18 per cento.
Nel 2019 il valore sembrava sceso ai livelli pre-crisi, ma è arrivata la pandemia a scombinare nuovamente lo scenario. Oggi i giovani non solo hanno difficoltà nell’accesso al mercato del lavoro, ma devono fare i conti anche con condizioni più sfavorevoli, tra precariato e lavoro a bassa intensità. Nel 2020 solo il 57 per cento dei giovani è assunto a tempo indeterminato rispetto all’86 per cento della media. La crisi pandemica ha deteriorato una dinamica già esistente trasformandola da strutturale ad allarmante: dal 2008 al 2020 la quota di occupati giovani a tempo determinato è cresciuta di 17 punti percentuali a discapito delle forme di lavoro più stabili, e il part time involontario è salito di 25 punti.
Tra i giovani dai 20 ai 29 anni poco meno della metà ha concluso gli studi e lavora, il 7 per cento studia e al contempo lavora, il 7 per cento cerca lavoro e il 26 per cento studia. I Neet sono il 10 per cento, di cui 14 per cento femmine e 7 per cento maschi, numeri che fanno registrare al Veneto una delle quote più basse tra le regioni italiane. Nel 2020 in Veneto dopo la scuola superiore la metà dei ragazzi prosegue gli studi. Fra i percorsi di laurea più gettonati negli atenei veneti c’è quello linguistico, umanistico e arte (22%), politico-sociale e comunicazione (16,5%), ingegneria e architettura (16%), mentre fanalino di coda sono le materie ICT (3%), scienze motorie, turistiche e sportive (3%). Nell’anno 2019-2020 si contano solo 9 mila studentesse universitarie iscritte nell’area STEM rispetto a oltre 19.500 maschi, divario che è il risultato di condizionamenti sociali, culturali, educativi. Un punto, quello della disparità di genere a scuola, balzato tra le priorità del PNRR con l’obiettivo di ottenere una maggiore inclusione delle donne negli studi scientifici creando nella scuola un diverso approccio al pensiero scientifico.
Un’importante alternativa all’istruzione universitaria in Veneto è l’istruzione tecnica superiore, l’ITS Academy, nuova strategia che risponde alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche. Sono 7 gli ITS attivi in Veneto, con sede a Padova, Venezia, Verona, Vicenza, Conegliano, Jesolo, offrono oltre 50 corsi, ospitano 2.000 studenti. Sono oltre 280 le aziende e gli enti partner e oltre 1900 le aziende che ospitano tirocini. Il ruolo degli ITS è riconosciuto nel PNRR che ne prevede il rafforzamento aumentando di almeno il 100 per cento il numero degli iscritti.
Il report completo di Statistiche Flash è scaricabile dal sito della Regione Veneto, cliccando su questo link.