Effetto Covid, nel padovano bruciato l' 11% della ricchezza: chiudono 600 imprese

L’anno del Covid lascia in eredità un quadro negativo per il territorio padovano: è del 10,7% la perdita di ricchezza rispetto all’anno precedente, più di 3 miliardi di euro “bruciati”, con un saldo di imprese attive pari a 600 aziende in meno.

Mentre si prevede un rimbalzo del 7,2% nel 2021, un recupero solo parziale che metterebbe a disposizione del territorio poco meno di 1,9 miliardi di euro (il 60% di quanto perso nel 2020). Le prospettive tuttavia non sono rosee: solamente il 7% delle imprese si aspetta un 2021 di crescita, ed il 28% un recupero ai livelli pre-crisi. In sintesi appena una impresa su tre pensa, o spera, di recuperare nel 2021 il terreno perso nel 2020. Il presidente degli artigiani Luca Montagnin: «Al nuovo governo chiediamo sostegni economici forti, ristori basati su perdite di fatturato e non sui codici Ateco, oltre ad un piano di infrastrutture digitali per il bene del Paese».

È quanto emerge dall’indagine condotta dall’Ufficio Studi di CNA Padova su circa 300 aziende della provincia, lanciata in queste settimane per tastare il polso delle imprese sulla situazione attuale e sulle prospettive future. L’indagine, che ha raccolto una partecipazione molto ampia, evidenzia la grande volontà da parte delle imprese di farsi sentire e chiedere ai propri organi di rappresentanza di farsi portavoce delle proprie difficoltà.

«Dai dati emerge una situazione di grave difficoltà per il tessuto imprenditoriale padovano, soprattutto per alcuni settori come costruzioni e industria» dichiara il presidente di CNA Padova Luca Montagnin. «C’è grande preoccupazione poi per le piccole imprese dell’artigianato artistico, un patrimonio di creatività per il nostro territorio che rischia letteralmente di essere spazzato via. Ora serve unità d’intenti e servono interventi rapidi e decisi – aggiunge Montagnin – Dal nuovo governo, che speriamo possa contare sull’appoggio di gran parte delle forze politiche, ci aspettiamo sostegni economici forti, ristori basati su perdite di fatturato e non sui codici Ateco, oltre ad un piano di infrastrutturazione digitale del Paese e un ammodernamento della Pubblica Amministrazione. Bisogna proteggere le nostre imprese e i posti di lavoro per evitare a tutti i costi una grave emergenza sociale».

I dati dell’indagine CNA sul effetto Covid nel padovano

Nel quadro negativo generale, che emerge dall’elaborazione di CNA Padova su dati Istat e Prometeia, solo pochi settori si salvano. L’agricoltura cresce dell’1,5%, mentre particolarmente pesanti sono le contrazioni delle costruzioni (-13,9%) e dell’industria (-13,3%), con i servizi che perdono il 9,8%. Se per il primo comparto gioca un ruolo importante sia il blocco delle attività dei cantieri imposto nella prima fase dell’emergenza, ma anche un successivo rallentamento derivante dalle incertezze e dalle difficoltà di far partire il meccanismo del Superbonus, nel caso della produzione industriale va posto l’accento anche sul rallentamento globale dell’economia.

Nonostante i dati macroeconomici appaiano sconfortanti, i riflessi sulla struttura imprenditoriale sono, fortunatamente, ancora limitati: il saldo delle imprese attive in provincia di Padova segna infatti un -0,7%, pari a poco meno di 600 imprese, un dato che ci si sarebbe aspettati essere più elevato. In realtà ciò è determinato anche dal fatto che alcuni settori del terziario mostrano dei segni positivi che riescono a mitigare le flessioni non banali ad esempio delle attività manifatturiere (-1,6%) o del commercio (-1,3%).

Dall’indagine a campione sulle imprese intervistate da CNA emerge che la diminuzione di fatturato nel 2020 appare anche più elevata della stima della flessione del valore aggiunto, arrivando al -19%, con punte del -53% nell’artigianato artistico, del -38% nel commercio, del -28% nel tessile e nell’abbigliamento, del -20% per estetica e acconciatura. Limitano i danni solo meccanica, impiantistica e settore ICT, con perdite al di sotto del -10%.

Prospettive per il 2021

Le prospettive, tra le aziende prese a campione, non sono rosee: solamente il 7% delle imprese si aspetta un 2021 di crescita, ed il 28% un recupero ai livelli pre-crisi, mentre il 42% dichiara che non recupererà quanto perso: in sintesi, dunque, solo poco più di una impresa su tre pensa, o spera, di recuperare nel 2021 il terreno perso nel 2020. Al contrario, quasi una impresa su quattro rischia di chiudere se la situazione attuale dovesse continuare ancora a lungo. Ovviamente le più “positive” sono le aziende che hanno maggiormente limitato le perdite nel 2020, mentre sono mosche bianche le imprese dell’artigianato artistico (nessuna azienda del campione prevede di tornare ai livelli del 2019), del commercio e del tessile e abbigliamento, ma anche nell’autotrasporto, tra gli autoriparatori e nel legno e arredo siamo al di sotto di una impresa su quattro che prevede un recupero.

Le aspettative per la situazione economica italiana nel complesso sono un po’ più ottimistiche, con la grande maggioranza degli imprenditori (72%) a ipotizzare almeno un parziale recupero: questo se, a detta degli intervistati l’Italia continua a rispettare misure di cautela (divisione in zone di colore 34%, allineamento alle misure degli altri Paesi 24%) piuttosto che una ripartenza “libera” e generalizzata (41%).

Naturalmente perché il sistema Paese riparta ci vogliono azioni forti per sostenere le imprese che sono necessariamente il motore di questa ripresa. Qui l’opinione è plebiscitaria: devono essere garantiti innanzitutto sostegni economici forti, duraturi e diffusi a tutte le imprese (72%), accompagnati da un piano di infrastrutturazione digitale del Paese (11%) e dall’ammodernamento della Pubblica Amministrazione (5%), ma anche tutelando i posti di lavoro (5%) e dunque evitando pericolose emergenze sociali.

 

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