Frullatori, «shopping» in Usa per De’ Longhi: acquisita Capital Brands

Treviso, De’ Longhi ha annunciato l’acquisto della californiana Capital Brands specializzata nella produzione di «blenders», la versione moderna dei classici frullatori.

Nei profitti del 2019 di De’ Longhi il segmento riguardante la preparazione dei cibi vale per  il 29% del business, contro il 50% delle macchine per il caffè. La nuova acquisizione punta a far crescere il gruppo sul mercato in grande sviluppo dei piccoli elettrodomestici, dato che solo negli Usa questo genere di articoli frutta 1,1 miliardi di dollari.

De’ Longhi – Capital Brands: i costi dell’operazione

Capital Brands chiuderà il 2020 con ricavi per 290 milioni di dollari e costerà all’azienda trevigiana 420 milioni di dollari, un importo che De’ Longhi potrà corrispondere attingendo integralmente dai propri fondi.

L’integrazione della società di Los Angeles consentirà all’impresa veneta di proiettarsi sul mercato Usa, con un guadagno potenziale di oltre 500 milioni di dollari. Il continente nordamericano diventerà, quindi, la sua prima area di business.

«Questa acquisizione – ha commentato il nuovo amministratore delegato, Massimo Garavaglia – è perfetta per il nostro gruppo ed è in linea con gli obiettivi di espansione geografica e crescita per linee esterne. Inoltre, questa transazione assume un valore strategico sotto diversi punti di vista, perché aggiungiamo un marchio giovane e dinamico al nostro portafoglio, ampliamo la gamma di prodotti con una presenza importante nel segmento dei frullatori e aumentiamo la nostra penetrazione in un mercato in espansione e strategicamente importante come gli Stati Uniti. Infine, aspetto non meno importante – conclude il top manager – rafforziamo la leadership nel settore della preparazione dei cibi».

La pandemia non ferma la crescita

L’operazione spiega anche le ragioni che stanno alla base dell’annunciata emissione di una seconda tranche di un prestito obbligazionario ventennale per 150 milioni di euro, per cui Garavaglia aveva avuto l’ok dal Cda due settimane fa. Un bond già  prenotato da diversi investitori americani convinti dai risultati dell’azienda veneta.

Il gran numero di persone chiuse in casa a causa della pandemia ha favorito, infatti, una stagione formidabile per i piccoli elettrodomestici, al punto che De’ Longhi ha registrato, nel solo periodo luglio-settembre, una crescita di fatturato del 26%, toccando al 30 settembre ricavi per più di un miliardo e mezzo (+13% nei nove mesi). La relazione intermedia ha dimostrato un utile netto pari a 104 milioni, dunque superiore di quasi il 50% rispetto a un anno prima. Abbastanza da permettere di sbloccare la distribuzione del dividendo da 80,8 milioni (0,54 euro ad azione) rimasto fermo in cassaforte, per prudenza, lo scorso aprile.

Le prospettive per fine 2020 sono di chiudere il fatturato in crescita fra l’8% e il 9% (al 31 dicembre 2019 era di 2,1 miliardi), e per il 2021 di continuare su linee di tendenza analoghe. Il gruppo trevigiano ha perciò concordato con le organizzazioni sindacali la stabilizzazione di una sessantina di lavoratori a termine e la progressiva sostituzione dei pensionandi con giovani leve, fino a un massimo di 40 unità.

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