Padova, aule e area verde per la città in via Campagnola. Così l'Università ridisegna la città

Tre aule da 250 posti l’una, per un totale di 750, altri spazi recuperati per studenti, un’area verde che verrà messa a disposizione della città. E non è male, visto che, parole dell’assessore all’Urbanistica del Comune di Padova Andrea Ragona, «in centro storico le aree verdi non sono così tante». L’Università di Padova continua ad investire sulla città, e lo fa spendendo 5,9 milioni di euro per sistemare una vecchia struttura in via Campagnola.

Siamo nel cuore di Padova, fra due cimiteri ebraici («un piccolo Eden», scriveva Goffredo Parise di quello di via Wiel), in una zona dalla struttura medievale, forse anche troppo silenziosa la sera. «L’area ex S.E.E.F., situata nel centro storico della città di Padova, tra le vie D. Campagnola e P. Canal, è stata acquistata nel 1996 dall’Ente “Servizi per l’Età Evolutiva e la Famiglia – S.E.E.F.” che ospitava qui funzioni scolastiche e di convitto. Inizialmente oggetto di un progetto di recupero e realizzazione di nuovi edifici, l’area è stata oggetto nel 2011 di una procedura di alienazione: il complesso è tuttora di proprietà dell’Ateneo ed è oggetto di Piano di Recupero». Così dice il progetto dell’ateneo patavino: ed è la storia di come un problema si è trasformato in un’opportunità.

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Così un’area che da quasi 20 anni l’Università di Padova prova a vendere, senza successo, in pandemia diventa l’occasione di costruire spazi per studenti. «Architettura sostenibile», scandisce il rettore, Rosario Rizzuto. Strutture non impattanti: «Costruiremo molto meno di quanto sarebbe permesso – ricorda il Dg Alberto Scuttari – e spenderemo un milione per l’area verde, che rimarrà a favore della città».

Università di Padova, così cambia volto la città

Padova e la sua Università, un legame indissolubile, si dice sempre. Ma mai come negli ultimi dieci anni, non certo di vacche grasse per le casse pubbliche, è l’Ateneo che cambia volto alla città. Qualche esempio: l’ex Caserma Piave, in stato di semi abbandono, che grazie all’intervento griffato David Chipperfield e dal costo di 60 milioni, diventerà un importante polo umanistico. Come in via Beato Pellegrino, 21 milioni di investimento, dove è stato inaugurato un complesso all’avanguardia (ecco la descrizione), o quello che sorgerà al posto della Fusinato (15 milioni, l’unico intervento pagato quasi totalmente dal Ministero dell’Istruzione), dove nascerà la nuova sede della scuola Galileiana. 

E la città? Applaude. Certo, c’è chi invocava architetti padovani al posto dell’archistar Chipperfield per la Piave (in termine tecnico: provincialismo), qualche residente che si impaurisce per l’arrivo dei lanzichenecchi sotto forma di studenti, salvo poi in molti casi – dicono i maligni – ricredersi nel vedere il valore del proprio immobile aumentare, fiutando l’affare di qualche affitto. D’altra parte la governance dell’ateneo patavino si mette in posizione inattaccabile: prende aree diroccate o non utilizzate, le sistema in grazia di ambiente, si paga gli interventi. La città cambia volto, in meglio. Qualcuno, amante della storia, sottovoce e obtorto collo ringrazia la Serenissima, quella Repubblica di Venezia che ha fatto crescere la sua Università a Padova. La storia è storia, si dice, ma sempre sussurrando: i campanili sono campanili e a Padova ringraziare Venezia non è bon ton.

 

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