Tamponi Veneto, gli industriali finanziano la campagna per isolare gli asintomatici

Tamponi Veneto, il mondo imprenditoriale appoggia l’indagine di Università di Padova e Regione. Dispositivi di protezione individuale distribuiti in massa, tamponature diffuse della popolazione per isolare gli asintomatici, test seriologici, diagnostica precoce. Questi sono i capisaldi alla base del contenimento dell’epidemia in Veneto e questo è il modello di riapertura in sicurezza da implementare nella Fase 2, per consentire riaperture estese delle attività economiche e sociali, evitando una possibile seconda ondata di contagio e nuove misure di chiusura a quel punto ancor più disastrose. Un modello riconosciuto, anche a livello internazionale, che si è esteso a più fronti di collaborazione virtuosa tra istituzioni, mondo universitario e della ricerca, sistema sanitario e imprese. Un’alleanza tra pubblico e privato che ora si consolida attraverso l’attuazione del “Piano congiunto anti-coronavirus” (denominato Piano “Epidemia Covid-19 – Interventi urgenti di Sanità Pubblica”) che Regione del Veneto e Università di Padova, con la Croce Rossa Italiana, hanno attivato con lo scopo di interrompere la catena di trasmissione del virus.

Tamponi Veneto, 300mila euro stanziati

Partendo da questo obiettivo, Assindustria Venetocentro – Imprenditori Padova Treviso, Confindustria Vicenza, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e Unioncamere Veneto hanno deliberato il sostegno e il co-finanziamento del Piano, per un importo complessivo pari a 300.000 euro, con un contributo di 75.000 euro ciascuno, che prevede lo screening diffuso della popolazione, a cominciare dalle categorie di lavoratori più esposti, per individuare i “positivi” con sintomi lievi e asintomatici ed allargare l’isolamento domiciliare fiduciario, minimizzando i rischi di nuovi contagi e lockdown.

L’attività di screening è cominciata il 20 aprile da Padova, dai lavoratori della sanità, operatori delle case di riposo, lavoratori dei “servizi essenziali” più esposti (addetti alle casse dei supermercati, Vigili del Fuoco, Forze dell’Ordine) e da un campione di aziende, allargandosi progressivamente a tutto il Veneto, con il metodo dei cerchi concentrici. Sono impegnati anche 400 giovani tirocinanti. Il Piano è attuato dai Dipartimenti di Prevenzione della Regione Veneto con la collaborazione dell’Azienda Ospedale Università Padova e del Comitato Croce Rossa Italiana – che ha allestito 15 sue squadre – con il coordinamento della Direzione Prevenzione, Sicurezza Alimentare e Veterinaria della Regione Veneto, la guida scientifica della Scuola di Medicina dell’Università di Padova diretta dal Professor Stefano Merigliano e del Professor Andrea Crisanti, Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedaliera di Padova.

«Abbiamo davanti a noi settimane importanti, nelle quali non possiamo sbagliare – dichiarano Maria Cristina Piovesana e Massimo Finco per Assindustria Venetocentro -. Un’eventuale ripresa dei contagi e un ulteriore lockdown sarebbe insopportabile e sancirebbe la fine per molte imprese, con severe conseguenze sociali e sull’occupazione. C’è bisogno di un metodo di ripresa in sicurezza chiaro, funzionale a riaprire tutte le attività, e farlo evitando possibili ritorni dei contagi. Una diagnostica precoce che ci consenta riaperture estese, e misure restrittive concentrate, invece, dove servono e dove sono giustificate. Questo è il modello a cui dobbiamo puntare. Più asintomatici troviamo e isoliamo, più abbassiamo il rischio di contagio. Un risultato possibile, grazie a questo progetto e alla capacità di lavorare insieme, imprese e istituzioni, in una grande alleanza pubblico-privato, a cui hanno dato con responsabilità e generosità un grande contributo le imprese aderenti ad Assindustria Venetocentro. Questo è un importante approccio per guardare oltre all’emergenza, per difendere e rilanciare il futuro produttivo del Veneto e del Paese, il lavoro e la nostra economia».

«La relazione consolidata con l’Università e l’Azienda Ospedale di Padova – aggiunge Enrico Del Sole, Vicepresidente di Assindustria Venetocentro per la Ricerca e Innovazione, Università – e l’attenzione crescente alla ricerca da parte delle imprese, hanno favorito questa collaborazione di sistema, valorizzando le competenze e l’eccellenza scientifica e medica presenti nel nostro territorio. Avere un metodo e una rete di controllo e diagnostica, strettamente connessa con il sistema sanitario, significa avere fabbriche sicure, minimizzare il rischio di nuovi focolai, isolarli in tempi rapidissimi e impedire nuove chiusure dall’esito drammatico».

«Abbiamo detto dal primo giorno quanto la sicurezza e la salute vadano messe al primo, secondo, terzo e quarto posto, ma dalle parole noi siamo soliti passare ai fatti – dichiara il Presidente di Confindustria Vicenza, Luciano Vescovi -. Questo avanguardistico progetto rappresenta un contributo alla salute pubblica e alla ricerca scientifica e allo stesso tempo è una risposta concreta e pragmatica alle necessità delle imprese e ancor più delle persone di andare a lavorare, creare valore aggiunto per la propria famiglia, il territorio e anche il Paese, che senza le industrie semplicemente non può stare in piedi. La dicotomia salute o lavoro, non ha senso di esistere e questo progetto ne è la riprova. Ma è anche riprova, contrariamente a quanto dicono certi profeti di sventura, di come davvero si possa far sistema tra privati e anche tra privati e sistema pubblico, quando ci si trova tra persone responsabili e competenti, ognuno nel proprio campo. Da parte nostra, questo progetto dà il senso di cosa vuol dire essere imprenditori, anche se l’immaginario di qualcuno, che non conosce questo mondo, è fermo a mitologie di secoli che non sono quello attuale». «È il segno concreto dell’impegno delle imprese e di importanti soggetti del territorio a favore della comunità. Si tratta di un’assunzione di responsabilità da parte delle imprese – afferma il Presidente di Unioncamere Veneto, Mario Pozza – nei confronti del Veneto e dei veneti per contribuire ad uscire da questa emergenza. La nostra regione si conferma modello virtuoso e questo progetto testimonia come gli attori strategici del territorio sappiano fare squadra per un interesse collettivo. È sicuramente un segnale positivo e di fiducia per il futuro e mi auguro possa dare un contributo importante e prezioso nella lotta al virus».

«Ci è parso doveroso intervenire con il nostro contributo in questo progetto nato dalla ormai imprescindibile sinergia tra pubblico e privato – dichiara Gilberto Muraro, Presidente di Fondazione Cariparo -. Esso riveste un’importanza strategica nella prevenzione e nel monitoraggio di possibili nuovi contagi, agendo soprattutto nell’ambiente delle imprese, il cuore pulsante del nostro territorio che non può subire un secondo lockdown».

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