Coronavirus, allarme per 80mila colf e badanti in Veneto: «Servono mascherine e tamponi»

Sono quasi 80mila, un piccolo esercito invisibile: sono colf e badanti che assistono i tanti anziani veneti che vivono soli a casa. Ma ora l’emergenza sanitaria legata al Coronavirus impone l’adozione di misure per la salvaguardia loro e degli anziani: in particolare servono mascherine e tamponi. I sindacati dei pensionati lanciano l’allarme e chiedono alla Regione di intervenire con un censimento e un sostegno alla regolarizzazione.

«In questo tragico momento – commentano Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp del Veneto – chiediamo che la Regione guardi anche a loro. Deve dare indicazioni precise sulle misure di prevenzione che devono adottare, deve fornirle di Dpi e provvedere finalmente, assieme ai Comuni, a un censimento delle colf e badanti in Veneto. Perché di fatto fanno parte di quella rete di assistenza domiciliare quanto mai necessaria in questo periodo per contenere il contagio: queste lavoratrici e le famiglie che a loro si appoggiano vanno aiutate proprio per mettere in sicurezza i nostri anziani ».

In Veneto, secondo uno studio del 2018 dell’osservatorio Long Terme dell’Università Bocconi, il loro numero è di 30mila con contratto regolare e di 45mila per quelle irregolari. Tra l’altro, per quanto al momento stabilito dai decreti, colf e badanti non possono godere di nessun tipo di ammortizzatore sociale se perdono il lavoro, per il decesso dell’anziano assistito o se la famiglia decide di interrompere il rapporto poiché – magari perché in smart working o in congedo – può prendersi cura direttamente del proprio caro. Un dramma per molte di loro che, dati Inps, per il 71% sono lavoratrici straniere senza rete di appoggio in Italia.

Da qui, l’ultimo appello dei sindacati dei pensionati: «In questa fase di emergenza va aiutata e sostenuta la regolarizzazione di queste lavoratrici anche attraverso una sanatoria. Ricordiamo – aggiungono Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp – che una persona garantita contrattualmente assume anche un maggior senso di responsabilità. In questo modo si scongiura anche quella fuga verso casa che si è registrata inizialmente da parte di alcune assistenti famigliari straniere. Non si può continuare a chiudere gli occhi sulla situazione dei nostri anziani chiusi in casa e sulle condizioni di chi se ne prende cura».

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