Safilo, stop alla trattativa: è scontro su Longarone e Martignacco

La trattativa sui 700 esuberi annunciati da Safilo si è bloccata ieri 13 gennaio: è muro contro muro tra azienda e sindacati, che non si sono presentati al tavolo dedicato al caso di Longarone. Le organizzazioni sindacali hanno spiegato che la decisione è stata assunta in seguito alla mancanza di risposte soddisfacenti sul futuro dell’impianto di Martignacco (Udine), per il quale l’azienda non avrebbe modificato le proprie intenzioni di chiusura definitiva con il licenziamento di 250 lavoratori.

«La nostra presenza al tavolo su Longarone – hanno sottolineato i sindacati – era subordinata al fatto che si fosse ottenuto, nel vertice di venerdì, un esito positivo sullo stabilimento friulano. Così non è stato, non abbiamo registrato alcuna apertura sulla possibilità di aprire dei ragionamenti su ipotesi di contratti di solidarietà o strumenti alternativi alla chiusura completa dell’impianto – è ancora precisato – e dunque riteniamo di non avviare il confronto, almeno per ora, anche per la situazione bellunese». L’argomento sarà dunque riportato in questi termini all’incontro al Ministero per lo sviluppo economico, il prossimo 16 gennaio.

Dura la risposta dei vertici di Safilo: «Non sedersi ai tavoli per lavorare concretamente non giova né aiuta la ricerca di possibili soluzioni, anzi complica ancor di più la gestione del problema che l’azienda ritiene debba essere velocemente risolto nell’interesse di tutte le parti coinvolte». Per quanto riguarda il futuro di Longarone, Safilo ribadisce «quanto già ampiamente illustrato nei vari momenti di confronto con il Coordinamento delle rsu del Gruppo e con le segreterie regionali e provinciali in merito alla volontà di salvaguardare, per quanto possibile, le produzioni italiane, ribadendo chiaramente chela produzione del metallo in atto a Longarone è un punto fermo della strategia di Safilo».

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