L’evoluzione dei mercati: nuove categorie di produzione e consumo

Pubblichiamo la sintesi del workshop “L’evoluzione dei mercati: nuove prospettive e nuove categorie di produzione e consumo”, uno dei 5 gruppi di discussione che si sono riuniti durante l’incontro “L’impresa dell’innovazione sociale” l’11 giugno a Padova.

Dedichiamo ampio spazio, nelle nostre riflessioni collettive, ai temi economici. Lo spread Btp-Bund, l’Ftse-Mib di Piazza Affari, il rapporto Deficit/Pil sono misure a cui affidiamo il compito di rappresentare il nostro benessere e guidare la valutazione delle nostre scelte.

Dove ci conducono, però, questi indicatori? Come disse Bob Kennedy nel 1968 in un discorso all’Università del Kansas: il valore della produzione “misura tutto eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. Come conciliare allora il valore economico con i valori etici che sono espressione dei nostri principi?

La soluzione all’enigma cambia a seconda di quale prospettiva adottiamo nella misurazione del valore di un prodotto o servizio. Nel dibattito economico, molti pensatori hanno proposto valide alternative: esso può essere, ad esempio, misurato in base alla quantità di lavoro necessaria a produrlo o a cosa siamo disposti a scambiare per averlo o all’utilità che produce il suo utilizzo.

Nel gergo imprenditoriale di oggi siamo soliti parlare di proposta di valore per intendere l’esperienza d’uso che deriva dalla fruizione di un bene. Più che la qualità del bene in sé, infatti, ciò che qualifica l’offerta e orienta le nostre preferenze è legato ai risultati a cui possiamo giungere grazie all’uso di un prodotto o servizio.

Il valore di una bicicletta, per esempio, non è il medesimo se questa sta appesa in garage o se viene usata tutti i giorni per andare in ufficio evitando traffico e inquinamento. Insomma, non basta l’acquisto a decretare l’utilità, serve l’uso. La centralità dell’esperienza d’uso pone molte sfide in capo alle aziende manifatturiere, tradizionalmente focalizzate sul prodotto.

L’emergente paradigma “as-a-service” sta trasformando il modo in cui l’offerta di valore viene presentata agli utenti, rendendo dinamico e fluido quanto era statico e discreto. Oggi è possibile acquistare lavoro come-un-servizio attraverso le agenzie di somministrazione, così come è possibile noleggiare un’auto a lungo termine pagando un canone mensile, anziché acquistarla. Accediamo ad abbonamenti di contenuti in streaming anziché acquistare dvd, compriamo licenze cloud invece di software da installare nei nostri dispositivi. Il prodotto in sé ha perso valore assieme al concetto stesso di proprietà, rapidamente sostituito da quello di accessibilità.

Tale tendenza è anche nota come servitisation, ovvero terziarizzazione della manifattura. Essa è certamente una risposta ai margini dei prodotti in costante diminuzione, alla concorrenza dei produttori esteri a basso costo e ai cambiamenti sempre più rapidi delle preferenze dei clienti. C’è però di più: questo processo è anche di vitale importanza per immaginare percorsi di sostenibilità economica, permettendo di progettare molteplici modelli di business non basati su processi lineari di produzione e consumo, incorporando la dimensione del pay-by-result. Ad esempio, offrire un servizio di bike sharing invece di vendere biciclette consente di dare un nuovo valore al ciclo di prodotto, facendo leva su circolarità e condivisione.

Così i produttori manifatturieri, tradizionalmente relativamente lenti e non interessati a costruire relazioni con i clienti, oggi sono concentrati nel costruire conoscenza attraverso il dialogo con gli utenti, per approfondire la comprensione dei bisogni e misurare la capacità di produrre risultati di valore. In altre parole, stanno assumendo maggiori responsabilità, prendendosi carico di ambiti d’azione prima estranei alla dimensione d’impresa. Il business, quindi, si allarga, e non si limita più alla produzione e vendita di un manufatto.

In conclusione, ciò implica almeno due importanti conseguenze in termini di innovazione sociale: da un lato, la componente di servizio, nella sua immaterialità, è sempre in qualche misura relazionale, intersoggettiva, collettiva; dall’altro, l’interconnessione tra secondario e terziario produce nuove esigenze di partnership e collaborazione tra realtà organizzative differenti. L’una e l’altra vanno nella direzione di tessere maggiori relazioni e di maggiore rilevanza e quindi concorrono alla coesione del tessuto sociale.

Lorenzo Liguoro
Presidente di Sherpa srl Spinoff dell’Università di Padova
e Referente Ricerca e Sviluppo di Ergon Group srl

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