Lavoro in nero, il Veneto è la regione più virtuosa (in un quadro nazionale sconfortante)

Il lavoro in nero? Ha poco spazio sotto il leone di San Marco. Tanto che secondo le stime di Assolavoro – va detto riferite al 2016 – il Veneto capeggia la classifica del lavoro emerso: 8,9 lavoratori irregolari su 100. Meglio di Bolzano, 9,1%, Emilia Romagna, 10%. Per onore di cronaca chiude la classifica la Campania, col 20,1%. Un ottimo risultato nonostante il quadro nazionale sia tutt’altro che positivo. «I lavoratori completamente in nero individuati a seguito di attività ispettiva dal 2014 al 2018 sono 294mila. Per loro, dopo i controlli e le sanzioni irrogate a chi li sfruttava, mancano politiche e misure per accompagnarli verso percorsi di occupazione legale e tutelata. Su questo fronte occorre intervenire e le Agenzie per il Lavoro sono disponibili a fare la propria parte per favorire il buon esito di una politica attiva dedicata all’emersione». Così Alessandro Ramazza, presidente di Assolavoro, a margine dell’Assemblea Pubblica dell’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro dal titolo «Fondata sul Lavoro. Legale» che si è tenuta  a Roma, a Palazzo Montemartini. È questo peraltro, solo un pezzo, seppure molto rilevante, di un fenomeno vastissimo qual è quello del lavoro irregolare, con danni per tutti. Per le persone: si stima siano oltre 3 milioni gli occupati in maniera irregolare, che non hanno tutele, diritti e retribuzione previsti dalla legge e che rischiano di rimanere dentro un sistema di sfruttamento con tutte le conseguenze intuibili sul piano professionale e personale.

Per la comunità: secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze nel 2016 il mancato gettito connesso all’utilizzo di forme di lavoro non regolari è stato dell’ordine di 16,5 miliardi di euro tra imposte dirette e contributi evasi, mentre il mancato gettito dell’Iva, dell’Irpef da lavoro autonomo e delle imposte sul reddito di impresa, ha comportato un ulteriore ammanco di oltre 70 miliardi di euro. Per le imprese sane: che vedono così praticare ai propri danni concorrenza sleale da parte di chi sfrutta i lavoratori.

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