Innovazione sociale, ritorno al futuro: gli scenari veneti
Ha scelto la metafora del “10 years challenge”, Flaviano Zandonai, per aprire i lavori de “L’impresa dell’innovazione sociale. Traguardi, storie, prospettive”, l’11 giugno al Centro Culturale Altinate San Gaetano. Il ricercatore di Euricse ha applicato il gioco diventato virale sui social al mondo dell’economia circolare e collaborativa.
«In dieci anni abbiamo imparato a focalizzare sfide sociali sistemiche e a non ragionare solo su risposte a bisogni puntuali – ragiona Zandonai -. A cambiare gli schemi di relazione, non solo ad allargare il tavolo degli interlocutori. Ad elaborare modelli di servizio nuovi, in grado di scalare, prototipi da adattare in nuovi contesti, come le politiche di social housing. A studiare le alternative, non solo a fare innovazione endogena, ma ricerca e sviluppo, cercando anche “a pagina 2 di Google”. Ad essere aggregatori, non solo ad essere aggregati».
Tra tanti passi avanti, ci sono aspetti su cui c’è molto da lavorare: «Che cosa ci manca ancora? L’ultimo miglio delle politiche: siamo alla fine del sessennio 2014-2020 per i programmi del Fondo Sociale Europeo – sprona Zandonai – e sarebbe il momento per portare le nuove pratiche sperimentate in questi anni dentro alle nuove politiche. Ci vuole più scalabilità nei core business: nei cda delle imprese, l’innovazione sociale è relegata tra le varie eventuali, ma qui c’è un problema di cambiamento organizzativo. Quello che è stato seminato va portato dentro l’attività quotidiana delle organizzazioni».
Innovazione sociale, Zandonai: tre tracce per il futuro
Tre le tracce mature su cui lavorare per il futuro dell’innovazione sociale, per il ricercatore: «Primo, l’economia collaborativa, un vettore di trasformazione importantissimo: possiamo far cooperare meglio gli imprenditori. Secondo, l’economia circolare, che deve diventare un settore core dell’economia, deve diventare Pil. Ed è anche un veicolo straordinario per modificare la testa delle persone: una “normalità trasformativa” che cambia il mondo attraverso comportamenti quotidiani, come la raccolta differenziata. Terzo, l’impatto sociale: non è solo questione di misurazione, ma la cosa più interessante è come retroagisce sul modello di business dell’azienda. Se lo prendi sul serio, e affermi che la tua organizzazione è vocata strutturalmente al cambiamento sociale, ci costruisci attorno una strategia».
Il bando: 3,5 milioni e quasi 400 partner aziendali
Dopo gli interventi in video del geologo e divulgatore Mario Tozzi e della giornalista e scrittrice Daria Colombo, Santo Romano, direttore Area Capitale umano, cultura e programmazione comunitaria della Regione Veneto, ha riassunto i numeri del bando Strumenti di Innovazione Sociale NS2 Nuove Sfide Nuovi Servizi (DGR 1267/2017): 8 progetti finanziati per un valore di oltre 3,5 milioni di euro, 124 partner operativi, 395 partner aziendali e 66 partner di rete.
«Intanto la giunta regionale del Veneto – ha spiegato Romano – ha appena approvato un nuovo bando sulla Responsabilità sociale d’impresa, tema su cui stiamo cercando di fare sempre di più, con un investimento di 1,5 milioni di euro».
Tavola rotonda e workshop
L’appuntamento ha messo a confronto le tante esperienze dei progetti partecipanti al bando Strumenti di Innovazione Sociale NS2 Nuove Sfide Nuovi Servizi (DGR 1267/2017) promosso dalla Regione Veneto e finanziato nell’ambito del Programma Operativo Regionale – Fondo Sociale Europeo 2014-2020.
E lo ha fatto con una tavola rotonda e con cinque workshop tematici i cui risultati pubblichiamo in questo speciale su Veneto Economia. La tavola rotonda sulle “Teorie e pratiche dell’innovazione sociale” ha messo a confronto Elena Brigo, presidente della cooperativa sociale Panta Rei, Jon Marco Church, professore di Sostenibilità e governance all’Università di Reims, e Gian Piero Turchi, professore di Psicologia delle differenze culturali all’Università di Padova, oltre allo stesso Zandonai.
Un’economia che mette al centro il tema delle disuguaglianze
«La cooperazione sociale, promuovendo il concetto di un’economia diversa e sostenibile, riporta al centro il tema delle disuguaglianze – dice Elena Brigo -. Ciò significa promuovere un diverso paradigma: storicamente noi abbiamo proposto un modello in cui l’identità non è basata solo sul concetto di persona come consumatore, ma come portatrice di diritti. Un tema da tenere sott’occhio in un periodo storico in cui i servizi di welfare vengono erosi».
Parlando di diritti delle donne e di welfare, un esempio concreto di questo approccio è quello della cooperativa Panta Rei che vede una forte presenza femminile tra i soci e nel cda: «A partire da un bisogno che sentivamo nostro, ci siamo inventate un servizio aggiuntivo, quello di ritiro e consegna di capi stirati. Ha riscosso un grande successo in grandi aziende nostre clienti».
Il ruolo chiave dell’imprenditore-decisore
Jon Marco Church ha ricordato come nel Veneto delle piccole e medie imprese il livello dei decisori, oltre alla politica e ai cittadini, veda la centralità della figura dell’imprenditore: «Nell’ambito del progetto “opportunità” allo Iuav ho avuto l’opportunità di passare del tempo con alcuni ragazzi che hanno trascorso sei mesi nel padovano in 4 aziende che fanno politiche di economia circolare – racconta Church -. Qui un livello di “decisore” assolutamente centrale è la dirigenza dell’impresa. E non si tratta di casi isolati visto che l’ultimo rapporto dell’Enea dice che l’Italia è un paese leader per l’economia circolare. È un segnale importante di dinamismo».
Passare dall’obiettivo della tutela dell’interesse alla coesione
Turchi ha esordito spiegando come le differenze culturali esistano, ma la cultura sia una. «Servono in questa fase dei modelli di coesione, non di inclusione, che considerino come nostro obiettivo la conservazione della specie, e non più la sua sopravvivenza. Questo è innovazione sociale: cambiare una concezione antropologica a cui siamo legati da millenni.
La mia proposta è che l’obiettivo generale sia la coesione sociale e non più la tutela dell’interesse».
Per Flaviano Zandonai «essere capaci di gestire la diversità e l’apertura è la grande sfida delle organizzazioni, un compito difficile in una fase in cui da un lato le sfide sociali sono più radicali, dall’altro c’è un gran caos dei sistemi decisionali. È crollata la sussidiarietà verticale, i compiti delle articolazioni dello stato sono sempre più confusi ma questo ha anche portato alla nascita di forme nuove, dalle cooperative di comunità ai commons, la gestione dei beni comuni».
Le testimonianze delle imprese
Diverse le imprese coinvolte nel progetto che hanno partecipato all’evento. Come la Jonix di Tribano, azienda formata da tecnici specialisti nel trattamento dell’aria, ricercatori in chimica applicata e biologi, che come racconta Mina Bustreo ha imparato a valorizzare le buone pratiche già messe in atto, dalla collaborazione con una Onlus che coinvolge persone con disagio psichico alla ricerca di fornitori di qualità provenienti dal territorio.
Domenico Maffeo di OltreConfin – Distretto di economia solidale ha raccontato come la loro realtà, una rete di coltivatori biologici sviluppata tra Treviso e Venezia, abbia approfondito l’importanza delle relazioni nel proprio modello economico.
Fabio Raggiotto di Stiferite, azienda padovana del settore dell’isolamento tecnico, racconta come l’impresa è stata coinvolta nel bando: misurando quanto l’isolamento termico degli edifici possa contribuire agli obiettivi dell’economia circolare, monitorando le prestazioni dei pannelli isolanti nel corso del tempo.