Vinitaly chiude con la paura dei dazi Usa

L’edizione 53 di Vinitaly si è chiusa con un successo di presenza e con la paura innescata dalla decisione del presidente Usa Tump di aumentare i dazi sui prodotti agroalimentari europei. Una nuova barriera che secondo la Coldiretti andrebbe a colpire potenzialmente 1,5 miliardi di euro di esportazioni italiane negli Stati Uniti tra vini, formaggi e olio d’oliva. Dando un duro colpo al campione dell’export veneto e italiano, il Prosecco già alle prese con la Brexit in arrivo.

Numeri in linea con l’edizione 2018 per la fiera veronese, che quest’anno ha fatto registrare 125mila presenze da 145 Paesi, ma è cresciuta la qualità e il numero dei buyer esteri accreditati, che quest’anno registrano ancora un aumento del 3% per un totale di 33 mila presenze.

«È stato il Vinitaly più grande di sempre con 4.600 aziende, 130 in più dell’anno scorso, e 100mila metri quadrati espositivi netti, ma da domani saremo già al lavoro per migliorare ancora – commenta Maurizio Danese, presidente di Veronafiere –. Continua la focalizzazione sulla selezione di visitatori verso una presenza sempre più professionale e internazionale. A riprova, sono aumentate di 20mila, per un totale di 80 mila, le presenze di wine lover al fuori salone di Vinitaly and the City. Registriamo molta soddisfazione da parte degli espositori e questo significa che la svolta intrapresa nel 2016 è la direzione da seguire. Dopo quella in Brasile, abbiamo lanciato la nuova piattaforma di promozione Wine To Asia attiva dal 2020 in Cina, a Shenzhen».

Foto: Veronafiere-ENNEVI

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