Padova, countdown per il Centro Congressi: tra un anno l'apertura

Le gru che osservano dall’alto la situazione sembrano stringersi, anche loro, in un enigmatico silenzio. Lo stesso degli uomini quando si parla del nuovo Centro Congressi in Fiera. Lo hanno imparato i politici, lo sanno bene gli esponenti delle associazioni di categoria, ovviamente è un mantra per chi lo sta costruendo: il Centro Congressi s’ha da fare, ma quando non è dato saperlo. Se non fosse per il timer conta-giorni che accoglie all’entrata del cantiere. Ed è per questo che oggi, venerdì 15 marzo, è una data (quasi) speciale: -367 ricorda il counter.

Con un atto di fiducia, vista la luce fioca dei led, infotografabile. E quindi ecco il rapido conto: martedì 17 marzo 2020 la Fiera di Padova avrà (dovrebbe avere) il suo spazio dedicato a eventi di grande portata. E intanto il consorzio DMO pensa già al lancio: promozione in giro per il mondo, con tappe a Shanghai, Dubai e Nuova Delhi. Il consorzio è partecipato da Comune, Camera di Commercio e Provincia, ovvero i tre proprietari dell’opera.

Tela di Penelope

E se, come diceva lo scrittore Antoine de Saint-Exupery, «è il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante», sarà certo una struttura molto importante. Un po’ perché se ne parla da molti anni, un po’ perché le date si sono dilatate nel tempo. L’accordo è stato raggiunto nel 2012.

Ecco come lo annunciava “live” il Mattino di Padova: «Accordo raggiunto tra Comune, Camera di Commercio e Provincia per la realizzazione del nuovo Centro Congressi (capienza 3 mila posti) in Fiera. Flavio Zanonato, Roberto Furlan e Barbara Degani hanno trovato l’intesa al termine dell’assemblea dei soci di Fiera di Padova Immobiliare, che si è svolta nella sala del consiglio dell’ente di via Tommaseo. L’opera costerà 33 milioni: Palazzo Moroni ne sborserà 12,5 (ovvero il valore del Palazzo delle Nazioni (demolito solo nel 2016, ndr) stimato 8 milioni, più 4,5 cash); la Camera di Commercio altri 12,5; la Provincia 6,2. Infine Fiera Immobiliare accenderà un mutuo per 2 milioni di euro».

Il tutto doveva realizzarsi in pochi anni e in realtà con meno esborso economico. Ma gli intoppi si sono fatti subito sentire: l’appalto è stato assegnato solo il 5 agosto del 2014 ad un pool d’imprese che vede insieme Vittadello di Limena, Guerrato di Rovigo, Consorzio Stabile Pedron di Villa del Conte e Parpajola, poi fallita. Appalto portato a casa col ribasso del 20%. Il tutto doveva costare quindi 19,3 milioni (la base d’asta era di 24,2 milioni), ma amianto (da rimuovere), auditorium musicale (da aggiungere, tentativo respinto con perdite) hanno già fatto lievitare la cifra sopra i 22 milioni di euro.

Fattore K

Il Centro Congressi è griffato: il progetto è dell’archistar giapponese Kengo Kuma. Una struttura che per un periodo ha «rischiato» di dover contenere anche quella casa della musica che l’ex sindaco Zanonato aveva previsto, e siamo nel 2008, in zona Boschetti, non lontano. Un bando vinto – dopo ricorso al Tar quasi d’obbligo in Italia – da un’altra archistar a doppia K, l’austriaco Klaus Kada. Idea naufragata. Ma in fondo la cifra che contraddistingue Padova negli ultimi venti, trent’anni è questa: fare e disfare progetti.

Il nuovo ospedale? Se ne parla dal 2006 (concretamente, in realtà l’idea circola da quarant’anni, ecco il pezzo con il quale abbiamo festeggiato il decennale 2006-2016), forse sarà pronto per il 2029. L’auditorium ai Boschetti? Rimarrà il parcheggio e scommettiamo ancora per tanti anni. Ma forse è la zona, perché fra Fiera e Boschetti c’è il buco del cantiere PP1: doveva essere una zona residenziale-direzionale e anche chic, è un vero e proprio buco recintato non lontano dal cuore della città. Il problema, proviamo a ipotizzare, sta nei tempi di realizzazione. Dal pensiero all’azione passano decenni. E gli anni cambiano imbiancano i capelli, cambiano i decisori, mutano gli scenari economici.

Rimane da capire poi un qualcosa che in fondo non è un particolare: come sarà gestito questo Centro Congressi, cosa ci andrà dentro. Dov’è la testa (e il cuore) dell’opera? Francamente è difficile capirlo. L’intera Fiera di Padova non naviga in acque tranquille: la parola d’ordine è rilancio. Ma la quadra pare lontana. Spesso si leggono novità, accordi, progetti. Ma se ci si pensa, il quadro generale è astratto. Non si capisce bene il disegno complessivo che ci stia dietro, se ce n’è uno.

C’è un anno di tempo – qualche voce maliziosa dice: di più –: tanto si è atteso, arrivare alla data con un buon contenitore ma senza i contenuti sarebbe un delitto. Anche perché Padova non è poi così sgombra di strutture. Basta digitare sui motori di ricerca online: “centro congressi Padova”. L’orizzonte si sposta subito verso sona Forcellini, dove da 21 anni il «Papa Luciani», la struttura fiore all’occhiello della galassia Comunione e Liberazione, fa da punto di riferimento. Non è detto che riequilibrare il flusso verso la Fiera sarà un’operazione così semplice.

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