Mancano 1300 medici, il Veneto autorizza l'assunzione di pensionati

Dopo l’apripista Molise, anche il Veneto si piega alla carenza di personale negli ospedali, e autorizza l’assunzione di medici in pensione per tamponare l’emorragia. La svolta – per il Veneto è una prima volta – è in una delibera della giunta regionale del 26 marzo 2019 che assegna ai direttori generali delle aziende sanitarie locali la possibilità di conferire incarichi di lavoro autonomo ai medici in pensione.

L’obiettivo del provvedimento, intitolato “Conferimento incarichi di lavoro autonomo a personale medico in quiescenza”, è contrastare i vuoti nelle piante organiche che ormai toccano il numero di 1300 nella regione, su 56 mila a livello nazionale.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è un numero elaborato da Azienda Zero – il “cuore” della nuova sanità regionale riformata dal presidente della Regione Luca Zaia – secondo cui da ottobre 2018 al 15 marzo 2019 sono stati messi a concorso 246 posti di lavoro, ma i candidati in graduatoria sono risultati soltanto 118, con una differenza in negativo di 128.

Senza contare altri 86 posti per cui il cui concorso è in fase di espletamento, 19 con concorsi in fase di pubblicazione in Gazzetta, 301 con i concorsi in fase d’indizione. Il rischio prospettato dalla Regione è il venir meno dei livelli essenziali di assistenza per i malati. Per questo l’assunzione temporanea di pensionati è un modo per «evitare il configurarsi dell’interruzione di pubblico servizio» dice Zaia.

«Sia chiaro – aggiunge Zaia – che prima di tutto diciamo largo ai giovani ma se, come in questo caso, non ce ne sono abbastanza, le cure vanno garantite lo stesso, con ogni mezzo, perché questa è una crisi epocale, causata da una programmazione nazionale sbagliata in più parti. È un errore il numero chiuso nelle facoltà di medicina, dove i nuovi medici non si possono decidere con un quiz, ma vanno creati con la formazione esame dopo esame. È sbagliata e carente la distribuzione nazionale delle borse di specialità. È sbagliato, ma in questo caso occorre un intervento legislativo nazionale, non pensare alla formazione degli specializzandi in corsia».

Proprio sulla questione del numero chiuso alle facoltà di medicina, il rettore dell’Università di Padova Rosario Rizzuto ha lanciato nelle scorse settimana la sua proposta: un corso di formazione di un trimestre, precedente all’ingresso in università, alla fine del quale selezionare tramite un esame universitario gli idonei a proseguire il percorso di studi.

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