Lavoro nero, Veneto virtuoso: «solo» 200 mila irregolari (il 3,8% del Pil)
In Veneto ci sono quasi 200 mila lavoratori «in nero» il cui valore aggiunto è pari a 5,3 milioni di euro, l’equivalente del 3,8% del Pil regionale. Un dato che, secondo le stime della Cgia di Mestre su elaborazione di dati Istat relativi al 2016, è comunque il migliore in Italia, perché la regione è quella con la minore incidenza di lavoro irregolare nel Paese. Infatti, spiega la Cgia, le realtà meno interessate dalla presenza dell’economia sommersa sono quelle del Nord.
In Friuli Venezia Giulia i lavoratori irregolari sono 56.400, che generano un valore aggiunto sommerso che è pari al 4,1 del Pil regionale. In Lombardia, invece, gli occupati irregolari sono 485.600 e creano un valore aggiunto in nero del 3,9 per cento di quello rilevato ufficialmente. In Veneto i 197.600 lavoratori in nero presenti producono quasi 5,4 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso, pari al 3,8 per cento del Pil regionale. In Alto Adige invece il lavoro in nero pesa secondo le stime il 4,5% del Pil provinciale.
Lavoro nero, i rischi per il reddito di cittadinanza
Numeri che l’associazione degli artigiani collega alle possibili truffe legate al reddito di cittadinanza, che dovrebbe partire ad aprire 2019, e che secondo diversi osservatori rischia di essere “preso di mira” da lavoratori in nero che, in quanto ufficialmente disoccupati, finirebbero con il percepire oltre al reddito sommerso anche il nuovo sussidio di Stato. Nonostante le rassicurazioni del governo giallo-verde, che ha promesso che l’incrocio delle banche dati consentirà di fermare i “furbetti”, secondo il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, la metà della spesa erogata per il reddito di cittadinanza, ovvero circa 3 miliardi di euro su 6, potrebbe finire nelle tasche di persone che non ne hanno diritto.
La Cgia di Mestre è arrivata a queste conclusioni consultando i dati dell’Istat, secondo cui in Italia ci sono poco meno di 3,3 milioni di occupati che svolgono un’attività irregolare. Se da questo numero rimuoviamo i dipendenti e i pensionati che non hanno i requisiti per accedere a questa misura – pari, in linea di massima, a 1,3 milioni di unità – coloro che pur svolgendo un’attività irregolare potrebbero, in linea teorica, percepire questa misura sarebbero 2 milioni; vale a dire la metà dei potenziali aventi diritto (poco più di 4 milioni).