Popolari venete, don Torta: «Negli ultimi tre anni melina deprimente»
Tradimenti, cifre miserevoli, verginità perduta. È piena di parole dure e riflessioni amare, la lettera sulle ex banche popolari venete scritta da don Enrico Torta, il parroco di Dese (Venezia) che da tempo difende i risparmiatori di Veneto Banca e Popolare di Vicenza colpiti dall’azzeramento dei loro titoli. «In questi tre anni ho presenziato anch’io a tanti incontri con esponenti del governo e, alla fine, è stata una melina deprimente – scrive don Torta -. Io pensavo che i partiti che storicamente si definivano di sinistra, assieme ai sindacati, prendessero una netta posizione di solidarietà. Così non è stato ma siamo stati testimoni di una grande assenza: direi quasi un tradimento». In un altro passaggio, don Torta ricorda anche che «poco prima delle elezioni (del 4 marzo scorso) è stata offerta la miserevole cifra annuale di 25 milioni per quattro anni, volendo ricostruire una verginità chiaramente ormai perduta».
«Il mio ex governo mi ha tradito»
Nella lettera c’è spazio anche per molte domande senza risposta: «Dov’era lo Stato – chiede il sacerdote – che aveva il dovere di controllare la Banca d’Italia e la Consob? Quale gesto di doverosa solidarietà dovrebbe avere Banca Intesa, che su questa disgrazia ha portato a casa più di 3 miliardi? Quale onore hanno dimostrato i banchieri responsabili, alcuni milionari e, forse, miliardari?». Infine, dopo aver premesso di appartenere alla sinistra evangelica che cerca vera giustizia a partire dai più oppressi, don Torta concede un’apertura di credito al governo legastellato: «I partiti mi hanno deluso, il mio ex Governo mi ha tradito perché senza accorgersi è diventato amico dei potenti. Se l’attuale Governo avrà il coraggio e l’onore di ricostruire la giustizia non potrò fare a meno, a nome di migliaia di famiglie, di battere le mani e dire un grande grazie».
Alessandro Macciò