Agricoltura, boom delle olive: in Veneto la raccolta cresce del 35%
Dopo un 2017 disastroso a causa delle gelate e della siccità, il 2018 si prospetta come un’annata di riscossa per le olive venete. Soprattutto per quelle veronesi e padovane, mentre le vicentine e trevigiane pagano episodi di cascola causati da malattie. «Quest’anno contiamo di recuperare nelle zone del Veronese e del Padovano quello che si è perso lo scorso anno – spiega Leonardo Granata, presidente degli olivicoltori di Confagricoltura Veneto -, quando il fenomeno dei disseccamenti delle infiorescenze e di cascola delle olive appena allegate causò la perdita di quasi tutte le olive nell’areale padovano e del Grappa. Il clima è stato favorevole, a parte qualche grandinata che ha causato danni a macchia di leopardo. C’è stata anche molta umidità tra giugno e luglio che ha inciso sulla presenza della mosca dell’olivo, ma i bollettini puntuali diramati dall’Aipo, l’associazione interregionale dei produttori olivicoli, ha consentito di difendersi tempestivamente dagli attacchi».
Secondo Granata «sarebbe stata un’annata eccellente, se non fosse per elementi di criticità legati a fitopatie non bene identificate, che hanno causato episodi di cascola pari a un 15-20% nel Veronese e nel Padovano, ma fino al 40% nel Vicentino e nel Trevigiano. Su questi microorganismi patogeni chiediamo una risposta più rapida da parte degli enti, dall’Università di Padova alla Regione».
La superficie coltivata a olivo in Veneto, secondo i dati di Veneto Agricoltura, è leggermente cresciuta (4.980 ettari, +0,4%), in virtù dell’entrata in produzione degli impianti messi a coltura negli anni precedenti. Verona si mantiene stabile con 3.530 ettari e concentra circa il 70% delle superfici regionali, così come Vicenza (560 ettari), mentre Treviso (465 ettari) e Padova (415 ettari), fanno segnare dei leggeri incrementi: + 3,3% la Marca, + 1,2% la città del Santo.
Secondo le stime di Aipo, quest’anno la raccolta regionale arriverà a 160 mila quintali di olive, quasi il 35% in più rispetto all’anno scorso.
Spiega il direttore di Aipo, Enzo Gambin: «Sarebbe stata un’annata eccezionale, ma gli attacchi funginei hanno causato perdita di prodotto. È andata molto meglio, comunque, rispetto al resto d’Italia, dove la resa quantitativa è scarsa a causa delle basse temperature primaverili e delle patologie. Da sottolineare che gli olivicoltori del Nordest sono cresciuti molto nell’attenzione e nella cura delle piante, riducendo il rischio di attacchi anche della mosca, che diventa insidiosa con l’aumento dell’umidità. Infine, va rimarcato l’importante ruolo che sta rivestendo la sinergia tra olivicoltura e turismo, che stimola i turisti a visitare le colline e ad acquistare i nostri oli dop».