BpVi e Veneto Banca: ipotesi liquidazione ordinaria e gaffe di Viola
Non si sblocca ancora la crisi delle due banche venete: per Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca la Commissione europea ha chiesto almeno un miliardo di ricapitalizzazione da parte di investitori privati – entro giugno 2017 – per poter dare il semaforo verde all’ulteriore iniezione di liquidità da parte del Ministero dell’economia evitando di incappare nelle procedure d’infrazione per gli aiuti di Stato.
Sul fronte dei privati non si registrano novità, ma sul Corriere della sera del 7 giugno 2017 Federico Fubini mette in campo una terza ipotesi per uscire dalla crisi di BpVi e Veneto Banca. Né ricapitalizzazione né bail-in, dunque, ma una liquidazione ordinaria:
È prevista dalle disposizioni europee, benché la decisione di mettere le banche in liquidazione spetti alle autorità italiane. Gli articoli 65-67 della Comunicazione bancaria della Commissione Ue del 2013 la indicano esplicitamente: «Gli Stati membri – si legge – dovrebbero incoraggiare l’uscita dal mercato di operatori non efficienti in maniera ordinata» e «in maniera da tutelare la stabilità finanziaria». Questa ipotesi «dovrebbe sempre essere presa in considerazione qualora l’ente non possa ripristinare in modo credibile la redditività a lungo termine», continua la comunicazione del 2013. Non sembrerebbe previsto un bail-in, dunque non verrebbero imposte perdite a chi detiene obbligazioni ordinarie né ai depositanti; ne subirebbero invece i detentori di titoli subordinati, i bond con rischi e rendimenti più alti, ma per loro il governo italiano punterebbe a rimborsi come avverrà per i creditori del Monte dei Paschi. La liquidazione ordinata «significa che non può essere intrapresa alcuna nuova attività», indica la comunicazione Ue, ma solo «l’esecuzione delle attività esistenti». In questo scenario le due banche riceverebbero aiuti pubblici solo per portare fino a scadenza o vendere le posizioni già aperte. Non potrebbero fare altro.
Sempre sul quotidiano milanese è andata in scena una gaffe, con successiva rettifica, da parte di Fabrizio Viola, amministratore delegato di Banca Popolare Vicenza e presidente del comitato esecutivo di Veneto Banca. Intervistato da Stefano Righi sul Corriere della sera del 2 giugno 2017, Viola ha detto:
«Gli effetti di una crisi non risolta delle due banche venete non sarebbero molto inferiori a quelli generati dal default della Grecia. Per essere più chiari: la procedura di bail-in impone il rientro forzoso degli impieghi a tutela dei depositi. Si pensi che BpVi e Veneto Banca hanno concesso prestiti “buoni”, cioè al netto da sofferenze e incagli, per circa 30 miliardi. In gran parte concentrati nel Nordest, cioè nel territorio più importante per l’economia nazionale. Doverli richiamare da un momento all’altro creerebbe uno sconquasso tremendo, non senza conseguenze anche sul piano politico».
La norma sul bail-in non prevede in realtà il rientro forzoso degli impieghi, ovvero i prestiti che la banca concede a imprese e cittadini, ma solo un prelievo dai conti correnti superiori ai 100mila euro per ripianare le perdite. Il 6 giugno infatti, a pagina 33 del Corriere della Sera è stata pubblicata una rettifica a firma dello stesso Viola:
«Desidero rettificare una mia inesattezza contenuta nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera il 2 giugno scorso. Infatti, nel valutare le conseguenze del bail-in, ho fatto riferimento agli effetti che potrebbero, eventualmente, verificarsi nel caso di una liquidazione coatta amministrativa. Nello scusarmi per l’equivoco, desidero comunque evidenziare che una resolution delle due banche venete non potrebbe non avere effetti – sia pur indiretti – anche sull’offerta di credito nelle aree di riferimento delle due banche».