L'agricoltura del futuro a Fieragricola
Tracciare un futuro per il settore primario, alla luce di una tra le maggiori sfide che il mondo dovrà affrontare nei prossimi anni: il cambiamento climatico. Mutamenti climatici e gestione del rischio in agricoltura è il titolo del seminario organizzato nella cornice della 112ma edizione di Fieragricola, a Verona, da Cattolica, Fata, Coldiretti e H-Farm Ventures.
Affrontare il cambiamento climatico
«Ci troviamo di fronte ad una questione ambientale che coinvolge la società in generale», ha esordito nel saluto introduttivo Paolo Bedoni, presidente del gruppo assicurativo che, con l’acquisto di Fata, ha rinforzato la propria posizione all’interno del comparto rurale. «Se il clima cambia – ha continuato Bedoni – è necessario individuare nuove modalità e nuovi strumenti per coprire il rischio legato all’agricoltura, che oltre ad essere il primo settore a soffrire è anche un asset primario per l’Italia, per fatturato ma anche per occupazione».
Mauro Tonello, vice presidente di Coldiretti ha posto l’accento sulle due grandi evoluzioni che il mondo sta conoscendo, con particolare sensibilità da parte del settore agroalimentare: «Ai mutamenti del clima, che per gli agricoltori comportano oneri e costi importanti, si accompagnano quelli tecnologici – ha commentato – che oggi ci offrono possibilità incredibili come controllare il terreno dal satellite. In un quadro così mutevole ecco che alleanze come Cattolica-Fata e Coldiretti possono essere la chiave per coniugare le esigenze di produttori e consumatori».
Il doppio ruolo dell’agricoltura
A sottolineare l’importanza del ruolo che riveste l’agricoltura nei cambiamenti in atto, soprattutto per quel che riguarda il riscaldamento globale e l’aumento di emissioni di Co2 rilasciate nell’atmosfera, è Carlo Carraro, professore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
«Il settore primario contribuisce per un quarto delle emissioni totali – ha spiegato il professore – per questo è parte integrante del problema, ma è anche quello nel quale ci sono margini di miglioramento più ampi: da qui la necessità di investire nelle strategie di adattamento ai cambiamenti, ovviamente con il sostegno delle Pac, perché per centrare i target climatici europei, sempre più ambiziosi, l’Italia dovrà ridurre dell’80% le emissioni di CO2 rispetto ai livelli registrati nel 1990».