Usura, la Cgia di Mestre lancia l'allarme Pmi
“Con la forte contrazione dei prestiti bancari avvenuta in questi ultimi anni, soprattutto nei confronti delle imprese di piccola dimensione, esiste il pericolo che il fenomeno dell’usura, soprattutto al Sud, assuma dimensioni preoccupanti. Un crimine invisibile che rischia di minare la tenuta finanziaria di moltissime attività commerciali ed artigianali”.
La denuncia è sollevata da Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA: tra la fine di giugno del 2011 e lo stesso periodo del 2015, l’ammontare degli impieghi bancari alle imprese è diminuito di 104,6 miliardi di euro, mentre il numero di estorsioni e di delitti legati all’usura denunciato dalle forze dell’ordine all’Autorità giudiziaria è aumentato in misura esponenziale. Se nel 2011 le denunce di usura erano 352, nel 2013 (ultimo dato disponibile) sono salite a 460 (+30,7 per cento); le estorsioni, invece, sono passate da 6.099 a 6.884 (+12,9 per cento).
Nell’ultimo indice del rischio di usura, che da oltre 15 anni l’Ufficio studi della CGIA provvede a calcolare, si evince come tale fenomeno abbia assunto dimensioni preoccupanti soprattutto nel Mezzogiorno. Nel 2014, infatti, la Campania, la Calabria, la Sicilia, la Puglia e la Basilicata sono state le realtà dove la “penetrazione” di questa piaga sociale/economica ha raggiunto i picchi maggiori.
“In altre parole – prosegue Zabeo – con la forte stretta creditizia, il conseguente aumento dei ritardi nei pagamenti avvenuto nelle transazioni commerciali tra le imprese e il perdurare di elevati livelli di disoccupazione, l’usura, già presente in questi territori in misura maggiore che altrove, ha assunto dimensioni ancor più preoccupanti”.
L’indice del rischio di usura, infatti, è stato calcolato mettendo a confronto alcuni indicatori regionalizzati riferiti prevalentemente al 2014: la disoccupazione, le procedure concorsuali, i protesti, i tassi di interesse applicati, le denunce di estorsione e di usura, il numero di sportelli bancari e il rapporto tra sofferenze ed impieghi registrati negli istituti di credito. In pratica questo indice è stato individuato attraverso la combinazione statistica di tutte quelle situazioni potenzialmente favorevoli alla diffusione dello “strozzinaggio”.
“Con le sole denunce effettuate dalle forze di Polizia all’Autorità giudiziaria – conclude Zabeo – non è possibile dimensionare il fenomeno dell’usura: le segnalazioni, purtroppo, sono relativamente poche. Spesso, le vittime di questo crimine si guardano bene dal rivolgersi alle forze dell’ordine; chi cade nella rete degli strozzini è vittima di minacce personali e ai propri familiari, elemento che scoraggia molte persone a chiedere aiuto. Per questo abbiamo incrociato i risultati di ben 8 indicatori per cercare di misurare con maggiore fedeltà questa piaga. Ciò che pochi sanno sono le motivazioni per le quali molti artigiani o i piccoli commercianti diventano prede degli usurai. Oltre al perdurare della crisi, sono soprattutto le scadenze fiscali e le piccole spese impreviste a spingere molti imprenditori nella morsa degli strozzini”.
Ritornando alla metodologia di calcolo di questo indice, si evince come nelle aree dove c’è più disoccupazione, alti tassi di interesse, maggiori sofferenze, pochi sportelli bancari e tanti protesti, la situazione sia decisamente a rischio.
Ebbene, rispetto ad un indicatore nazionale medio pari a 100, la situazione più critica si presenta in Campania: l’indice del rischio usura è pari a 155,1 (pari al 55,1 per cento in più della media Italia), in Calabria a 146,6 (46,6 per cento in più rispetto alla media nazionale), in Sicilia si ferma a 145,3 (45,3 per cento in più della media Italia), in Puglia a 136,3 (36,3 per cento in più della media nazionale) e in Basilicata il livello raggiunge quota 133,2 (33,2 per cento in più della media Italia).
Diversamente, la realtà meno “esposta” a questo fenomeno è il Trentino Alto Adige, con un indice del rischio usura pari a 47,6 (52,4 punti in meno della media nazionale). Anche la situazione delle altre 2 regioni del Nordest è relativamente rassicurante: il Friuli Venezia Giulia, con 72,8 punti e il Veneto, con 73,2 punti, si piazzano rispettivamente al penultimo e terzultimo posto della graduatoria nazionale del rischio di usura.