Crisi BpVi e Veneto Banca, bruciato il 3,4% del Pil del Veneto

Il 3,4% del Pil del Veneto di un anno bruciato nel gran falò delle crisi di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Tradotto in euro, si tratta di almeno 5 miliardi di euro di perdite rispetto allo stock di attività finanziarie, con una perdita media per socio pari a 47mila euro (45mila per ogni famiglia e 57mila per ogni impresa). Perdite concentrate nelle province di Vicenza (44%) e di Treviso (33%). In tutto sono 206mila 498 i soci coinvolti.

La crisi comporterà un calo dei consumi almeno dello 0,27%, pari a una perdita di almeno 239 milioni di euro, e un caduta del Pil regionale dello 0,13%, pari a una flessione di almeno 192 milioni di euro. I settori maggiormente colpiti sono stati le attività professionali e le attività finanziarie ed assicurative. Le imprese maggiormente coinvolte si concentrano nella classe di fatturato fino a un milione di euro. Sono i risultati di una ricerca del Centro studi di Unioncamere Veneto intitolata “A conti fatti. Un primo bilancio dell’impatto della crisi del sistema bancario veneto”.

L’impatto economico della crisi di Veneto Banca

L’impatto complessivo del caso Veneto Banca ha riguardato 87mila 504 soci per un totale di 124,5 milioni di azioni e una stima di perdita di 3,8 miliardi di euro al valore di 30,5 euro (fissato all’assemblea dei soci del 2015) e di 4,9 miliardi di euro al valore di 39,5 euro (fissato all’assemblea dei soci del 2014). Solo per le famiglie e le imprese del Veneto la crisi della banca popolare trevigiana ha causato una perdita compresa tra i 2,1 e i 2,7 miliardi.

L’impatto economico della crisi BpVi

L’impatto complessivo del caso Banca Popolare di Vicenza ha riguardato 118mila 994 soci per un totale di 100,2 milioni di azioni e una stima di perdita di 4,8 miliardi di euro al valore di 48 euro (fissato all’assemblea dei soci del 2015) e di 6,3 miliardi di euro al valore di 62,5 euro (fissato all’assemblea dei soci del 2014). Solo per le famiglie e le imprese del Veneto la crisi della banca popolare vicentina ha generato una perdita fra i 2,9 e i 3,8 miliardi di euro.

Sono 2mila 483 le famiglie che possiedono azioni sia in Veneto Banca che in Popolare Vicenza, pari al 2,8% delle famiglie coinvolte dagli effetti della crisi bancaria. Le imprese con azioni in entrambe le banche sono 764, pari al 4,6% delle imprese complessivamente coinvolte.

Calo generalizzato della fiducia

«Gli effetti della crisi delle due principali banche popolari del territorio sono consistenti sia sul fronte dei risparmiatori-investitori sia su quello delle imprese coinvolte – è il commento di Giuseppe Fedalto, presidente di Unioncamere Veneto –. Gli investitori rappresentano un pezzo importante del sistema economico e sociale da sostenere attraverso un’assunzione di responsabilità collettiva che porti a rigenerare quella ricchezza che è andata perduta. Per quanto riguarda le imprese, vanno considerate non solo le perdite subìte ma anche la perdita di garanzie derivante dall’utilizzo delle azioni delle banche stesse quale copertura per l’ottenimento del credito. Ma preoccupa inoltre il generalizzato calo di fiducia, al quale come mondo imprenditoriale e in particolare come Camere di Commercio dovremmo far fronte».

«Sono soprattutto le imprese più piccole e le famiglie ad aver sofferto per la crisi di queste importanti banche del territorio veneto – sottolinea Mario Pozza, presidente della Camera di Commercio di Belluno-Treviso e vicepresidente Unioncamere italiana –. Purtroppo il contesto in cui si inserisce questa crisi non è un contesto di crescita, ma di lento declino che sta duramente colpendo la nostra economia da più di otto anni. Anche se gli effetti di questa crisi bancaria sembrano ridotti, in realtà accentuano l’involuzione dell’economia veneta. Se a ciò aggiungiamo infine l’accentramento costante e continuo portato avanti da questo governo riguardo alle risorse fiscali e alle competenze, fra cui in particolare pesa la riforma del Sistema camerale, possiamo affermare che abbiamo pochissimi strumenti per rimediare a questi gravi danni. Fino a prima della riforma, le Camere di Commercio potevano infatti intervenire attraverso finanziamenti a favore dei Confidi, con bandi per favorire la ricerca e sviluppo tecnologico delle imprese, con iniziative a favore della formazione e degli investimenti. Oggi, grazie a questa pessima riforma del Sistema camerale, non possiamo più dare quel contributo che avremmo potuto dare fino a poco tempo fa».

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