Enzo Guidotto e Francesco Celotto, presidente e vice dell’Associazione soci banche popolari venete, commentano positivamente l’arresto di Vicenzo Consoli, ex ad di Veneto Banca, avvenuto oggi 2 agosto 2016, effettuato dalla Guardia di Finanza che ha anche provveduto al sequestro di beni pari a 45 milioni di euro su disposizione della Procura di Roma. Consoli si trova ai domiciliari.
«A questo punto – dicono i due esponenti dell’associazione – ci chiediamo quando verrà richiesto lo stesso provvedimento, già ripetutamente ipotizzato da autorevoli personaggi con specifica competenza nel settore, dalla Procura di Vicenza per l’ex presidente della Banca Popolare di Vicenza Zonin indagato per gli stessi reati in un contesto che appare più grave rispetto a quello di Veneto Banca».
Proseguono Guidotto e Celotto: «Auspichiamo inoltre che, alla luce delle vicende accertate, la Procura di Roma allarghi l’ inchiesta anche ai reati di truffa e associazione a delinquere: un intervento in tal senso comporterebbe tra le altre cose la costituzione di parti civili dei soci buggerati. Auspichiamo una rapida conclusione delle indagini e il conseguente rinvio a giudizio».
L’avvocato Moschini: “Un passo nella direzione giusta”
Non si fa attendere il commento dell’avvocato trevigiano
Matteo Moschini, che segue diversi soci e investitori di Veneto Banca, due dei quali nel marzo del 2016 hanno ottenuto un
rimborso parziale di quanto avevano investito. «Ritengo che l’arresto di Vincenzo Consoli sia un primo importante passo nella direzione giusta, che prevede il risarcimento dei danni subiti dagli azionisti truffati e derubati» afferma il legale.
«Di rilievo anche il provvedimento con cui la magistratura ha disposto il sequestro di beni – aggiunge – per un valore di circa 45 milioni di euro. Gli indagati, inoltre, sono un numero molto elevato, almeno 15, ed anche tale circostanza è positiva. Inoltre, la bontà e la correttezza dell’impianto argomentativo delle nostre denunce-querele appare confermato dai rilievi mossi dalla Banca d’Italia alla Veneto Banca, accusata sostanzialmente di aver offerto, attraverso artifizi e raggiri – che sono l’elemento costituito del reato di truffa -, un’immagine solida, ingannando in tal modo gli investitori ed i risparmiatori ed inducendo gli stessi ad investire nelle azioni da essa emesse».
Conclude Moschin: «È di fondamentale importanza che gli azionisti continuino a denunciare la Veneto Banca, fornendo in tal modo alla magistratura materiale utile alle indagini che, ci auguriamo, condurranno a delle condanne esemplari in sede penale ed al risarcimento dei danni subiti dalle migliaia di azionisti truffati e derubati».