«Non pagheremo un televisore che non c’è». La pasticceria Mazzari di Padova contro il canone

Alla pasticceria Mazzari di Padova nei giorni scorsi è giunta dalla Rai la richiesta di pagamento per un “canone speciale alla televisione”. Solo che in via dell’Ippodromo a Mortise non c’è alcun televisore, solo un monitor per la pubblicità del locale. Così è scattata la protesta.

«Alla lettera era allegato un bollettino per 242,47 euro, che corrisponde a un canone che va da giugno a dicembre 2016. Una bella cifra visto che “coprirebbe” soltanto un arco di sette mesi», spiega Vasco Mazzari. Ma il problema è un altro: alla storica pasticceria Mazzari non si può guardare la tv,  perché c’è solo uno schermo, peraltro disposto in verticale, che informa i clienti sulla storia dell’azienda, sulle produzioni, sull’ora, sul tempo e fornisce anche qualche ricetta. Di tv, dunque, nemmeno l’ombra. «Da anni paghiamo la diffusione radiofonica con tutti i suoi annessi e connessi (nel senso che non c’è solo il canone, ma ci sono anche la Siae e i diritti fonografici), ma non ci sembra né giusto né corretto che ci si venga a chiedere di pagare per qualcosa che non esiste», afferma Maurizio Mazzari, fratello di Vasco: i due hanno preso in mano l’azienda fondata da zia Noemi e suo fratello Diego negli anni Settanta e ora giunta alla terza generazione con l’arrivo di Giulia ed Enrico.

Pasticceria Mazzari contro il canone Rai

La questione del canone si trascina da qualche anno, da quando la Rai ha cominciato a pretendere il pagamento da tutte le imprese che dispongono di un monitor, compreso quello del computer che serve a fare le fatture. Il vespaio di proteste che ne è seguito ha obbligato il Ministero dello Sviluppo Economico a specificare che un semplice monitor non costituisce tv e che per essere considerato tale un apparecchio deve poter disporre di sintonizzatore. «Ci siamo documentati – continuano i Mazzari – e a noi risulta che non devono scontare l’imposta né il monitor del computer, né il video che è collegato con sistema a circuito chiuso di videosorveglianza, né tantomeno i teleschermi sui quali vengono proiettati eventuali video di pubblicità per i clienti, in quanto si tratta di semplici “scatole” dove non è possibile trasmettere programmi televisivi». Certo non è facile stabilire oggi cosa sia un televisore, ma la situazione è delicata, trattandosi del pagamento di un’imposta, che peraltro da luglio sarà inserita nella bolletta elettrica delle famiglie.

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