Aziende agricole venete: in 1 su 3 lavoro irregolare
In Veneto una azienda agricola su tre opera in maniera irregolare, attraverso forme di lavoro grigio, nero fino ad arrivare, in alcuni casi, a vere e proprie forme di caporalato. A sostenere questi numeri è il rapporto presentato stamattina nella sede padovana di Banca Etica da Acs, Flai-Cgil ed Etifor dal titolo “Il lavoro irregolare in agricoltura: uno studio sulla regione Veneto”.
Il 34% delle aziende venete attua forme di lavoro irregolari
«Abbiamo sentito l’esigenza – ha dichiarato Andrea Gambillara, segretario generale Flai-Cgil Padova – di verificare scientificamente le percezioni di chi opera tutti i giorni sul campo, attraverso interviste e recupero di dati». L’analisi del rapporto tiene conto dei molteplici aspetti che può assumere il lavoro irregolare in questo settore: dal lavoro nero (dove manca ogni forma di tutela del lavoratore) al lavoro grigio (dove le prestazioni del lavoratore vengono dichiarate in maniera distorta o incompleta) , fino ad alcuni (rari) casi di caporalato e attività illegali, come nel caso di un’azienda del Piovese sottoposta a sequestro nell’aprile 2015. Da questo studio il Veneto risulta essere la sesta regione italiana col più alto tasso di irregolarità nel settore agricolo.
Veneto al quinto posto per lavoratori irregolari
Il fenomeno del lavoro irregolare in agricoltura nell’immaginario comune è spesso circoscritto al Sud Italia, eppure osservandolo nelle sue varie sfaccettature, è importante considerare la presenza di situazioni territoriali molto variegate. In particolare, nel 2009 l’incidenza del lavoro irregolare risultava doppia nel Mezzogiorno, rispetto al Centro-Nord, ma ciò non significa che nel Nord il fenomeno sia assente. I dati Istat registrano infatti che il Veneto è al quinto posto come regione in cui operano la maggior parte di lavoratori irregolari (5.848), in una classifica che vede al primo posto la Lombardia (9.908), seguita da Puglia (6.569), Toscana (6.275) ed Emilia Romagna (5.905).
Fenomeno in crescita, non così negli altri settori
Stando ai dati del rapporto, a partire dal 2003 si è registrata in Veneto una variazione del tasso di irregolarità in agricoltura superiore al 130%, un aumento che non si riscontra invece negli altri settori economici, come quello industriale o edilizio, dove invece l’andamento è stato lineare. «Non è il caso di fare allarmismi – sottolinea Andrea Gambillara – ma l’irregolarità in agricoltura si è sviluppata in percentuali maggiori rispetto altri settori».
Tra le aziende ispezionate 6 su 10 irregolari
Anche analizzando i dati del Ministero del Lavoro il trend di crescente irregolarità nel settore agricoltura sembra essere confermato. Dal 2010 al 2014, infatti, la percentuale di aziende irregolari ispezionate è salita di ben 15 punti percentuali, passando dal 44% al 59%. Questi valori evidenziano come non il solo il tasso di lavoratori irregolari sul totale degli occupati sia elevato, ma anche come un ampio numero di aziende in campo agricolo attuino forme di lavoro irregolare. «Noi rilanciamo la proposta – è la proposta di Andrea Gambillara – cerchiamo degli strumenti condivisi con cui arginare questo fenomeno. Valutiamo a livello regionale dei meccanismi che evitino che i finanziamenti pubblici vadano ad aziende che operano in maniera irregolare».
Coldiretti Veneto: Nessuna giustificazione per chi pratica l’irregolarità
«La direzione intrapresa dal settore primario va verso la trasparenza e la legalità dei rapporti professionali nel reciproco interesse delle parti». Lo dice Coldiretti, apprezzando l’impegno del sindacato Flai Cgil di Padova che ha svolto una ricerca sul lavoro irregolare. «Non fa certo onore al Veneto occupare il terzo posto a livello nazionale per i casi che riguardano l’agricoltura: occorre dunque insistere su una strada virtuosa – commenta Coldiretti – fatta di relazioni, nuove piattaforme contrattuali, strumenti normativi moderni. Per farlo è necessaria la collaborazione di tutti gli attori del sistema». Inoltre, aggiunge Coldiretti, «alle aziende e ai loro prodotti va riconosciuto il giusto valore per assicurare, di conseguenza, un reddito adeguato. E’ questa la vera sfida, diversamente il mercato sarà sempre inquinato da soggetti che, oltre a delinquere praticano la concorrenza sleale».