Il 2015 nero delle banche venete
Ci siamo, il 2015 sta per finire. Un anno che per il sistema bancario veneto è stato una corsa ad ostacoli, fra rivoluzioni societarie, conti in rosso, inchieste giudiziarie e risparmiatori sul piede di guerra. L’inizio del big bang data 24 marzo 2015, con l’approvazione in via definitiva da parte del Senato della riforma delle banche popolari, con conversione del decreto-legge 3 del 24 gennaio 2015: «misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti».
Entro 18 mesi le banche popolari con patrimonio superiore agli 8 miliardi devono abbandonare la forma cooperativa e trasformarsi in Spa e, con ciò, dire addio al “voto capitario”, per cui nell’assemblea degli azionisti valeva il sistema “una testa un voto” indipendentemente dal numero di azioni possedute. Su pressione della Banca Centrale Europea, va in soffitta un sistema di relazioni banche-territorio-imprese cementato in decenni e decenni. In Veneto sono tre le grandi banche che devono cambiare pelle: Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Banco Popolare.
Alla grande partita delle popolari va affiancata la situazione critica delle Banche di credito cooperativo. Banca Padovana di Credito Cooperativo è stata assorbita da Bcc Roma, operazione chiusa il 18 dicembre 2015. Liquidata la Bcc Padovana – che con i suoi 28 sportelli, 9 mila soci e 60 mila clienti era la prima del Veneto e la terza in Italia – i sottoscrittori di prestiti subordinati, che rischiavano di perdere tutto come per i quattro istituti di credito del “decreto Salva banche”, avranno il soccorso di un fondo di garanzia istituzionale del Credito Cooperativo.
Azioni deprezzate
Fra le popolari, per Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza il passaggio alla Spa ha significato un crollo del valore delle azioni, che nel vecchio sistema era deciso autonomamente dall’assemblea dei soci e rimaneva stabile, anzi in continua ascesa negli anni, accompagnandosi a una serie di acquisizioni: per esempio Veneto Banca ha un valore azionario di 21,25 euro nel 2004, che sale a 25 nel 2005, a 35,5 nel 2008, 38,25 nel 2010, 40,25 nel 2011. Nel 2013 si arriva all’apice: 40,75 euro. Ancora più spettacolare l’andamento del prezzo delle azioni della Banca Popolare di Vicenza, che sotto la guida di Gianni Zonin passa da 40,3 euro ad azione nel 2010 a 61,5 euro nel 2010: oltre il 50% di apprezzamento in 10 anni. Il 30 aprile 2011 l’assemblea dei soci decide l’ultimo aumento, da 61,5 a 62,5 euro valido per il 2011.
Il risveglio è brusco per queste due banche. L’obbligo di trasformazione in Spa significa apertura al mercato e, in prospettiva, anche alla quotazione in Borsa. Dunque il valore delle azioni, cresciuto senza sosta durante la peggiore crisi del dopoguerra, deve tornare con i “piedi per terra”. La terapia è choc – e non è ancora finita – e va in scena con le due assemblee di primavera. Popolare di Vicenza l’11 aprile taglia del 23% il valore delle proprie azioni (da 62,5 a 48 euro ad azione) e Veneto Banca il 18 aprile del 22,8% (da 39,5 a 30,5 euro ad azione). Le assemblee si svolgono in un clima di tensione e proteste da parte soprattutto dei piccoli soci. Storia diversa per il veronese Banco Popolare: è già quotato in Borsa.
Bilanci in rosso
All’inzio dell’anno aveva molto credito l’ipotesi di una fusione fra BpVi e Veneto Banca. A spingere per questa soluzione soprattutto Zonin, mentre Vincenzo Consoli si mostrava tiepido. Il problema è che i due istituti condividono gran parte del territorio di riferimento, principalmente il Nord Est, e le “nozze” vorrebbero dire eliminare oltre 150 sportelli e esuberi importanti.
Ma con il taglio delle azioni e con i dati di bilancio in rosso l’ipotesi fusione tramonta: sono altri i problemi da risolvere, e si presentano puntuali con i bilanci semestrali, “ripuliti” dopo le ispezioni della Bce. Popolare di Vicenza ha un risultato netto di -1.053 milioni di euro, dovuto in gran parte a 974,9 milioni di accantonamenti obbligati per coprire finanziamenti concessi negli anni passati in cambio dell’acquisto di azioni; per Veneto Banca i sei mesi da gennaio a giugno si chiudono con -213,6 milioni, su cui pesano rettifiche sui crediti pari a 289,8 milioni.
Inchieste e teste che cadono
La prima testa a cadere è quella di Samuele Sorato, l’ad della Popolare di Vicenza che si dimette il 12 maggio, quattro giorni dopo aver presentato un piano industriale da 200 esuberi e 150 filiali da tagliare. Sorato “paga” per la vicenda dello scambio azioni-prestiti su cui la Bce ha imposto una profonda pulizia nel bilancio dell’istituto, facendo emergere la maxi perdita da un miliardo nella semestrale.
Gianni Zonin, imprenditore vinicolo presidente della banca dal 1996, vince questo braccio di ferro, ma si deve arrendere sei mesi dopo: il 23 novembre rassegna le sue dimissioni dal cda, al suo posto è cooptato e nominato presidente Stefano Dolcetta, uomo di Confindustria che segna il nuovo corso. Coronando il rinnovamento del management cominciato con la nomina il 22 maggio del nuovo direttore generale Francesco Iorio, che viene da UBI Banca. Il cda vede altre due dimissioni eccellenti: quella di Giuseppe Zigliotto, presidente di Confindustria Vicenza, il 1 dicembre, e quella di Giovanna Dossena il 10 novembre. Al loro posto il 23 dicembre sono cooptati due avvocati – non vicentini né veneti – esperti in questioni finanziarie, Grazia Bonante e Roberto Cappelli.
Zonin, Sorato, Zigliotto e Dossena sono indagati dalla Procura di Vicenza nella clamorosa inchiesta che comincia il 22 settembre con la perquisizione delle sedi della popolare. Aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza sono le ipotesi di reato su cui la magistratura indaga. Un’inchiesta parallela è stata aperta l’11 dicembre dalla Procura di Prato: vede indagati 7 dipendenti di altrettante filiali di Banca Popolare di Vicenza, su denuncia di alcuni imprenditori toscani, che si dicono vittime di estorsione, “obbligati” all’acquisto delle azioni sotto la minaccia della revoca dei fidi. Per i sindacati, invece, la responsabilità di eventuali condotte illegali è dei vertici.
Intanto a Montebelluna il 30 luglio si dimette il direttore generale Vicenzo Consoli, in quel ruolo dal 1997. Al suo posto arriva Cristiano Carrus, già vice direttore generale. Anche Consoli è indagato dalla Procura di Roma, insieme all’ex presidente Flavio Trinca: il 17 febbraio la Guardia di Finanza aveva perquisito le sedi della banca, nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Roma nella quale risultavano indagati lo stesso Consoli e l’ex presidente Flavio Trinca. Si imputa la decurtazione del patrimonio di vigilanza e il reato di ostacolo alla vigilanza.
Aumenti di capitale in arrivo
La strada obbligata dalla Bce a Veneto Banca e Popolare di Vicenza è l’aumento di capitale, per rimpolpare l’indice di patrimonializzazione Cet 1 ratio che gli stress di Francoforte hanno effettuato: le due banche sono “a rischio elevato”, uniche due italiane a finire nella quarta fascia della classifica di solidità. Il piano industriale di Iorio è presentato il 30 settembre a Vicenza: prevede 575 esuberi entro il 2020 e 150 filiali chiuse entro il 2016, vendita delle partecipazioni (eccetto quella ritenuta strategica in Cattolica, mentre quella in Save è stata appena ceduta) e focus su nuovi servizi alle imprese, che partono dal 4 gennaio 2016.
Il piano di rilancio di Carrus viene presentato il 14 ottobre a Montebelluna (430 esuberi e 130 filiali tagliate). La cura dimagrante si accompagna a un doppio aumento di capitale: da 1 miliardo per Veneto Banca, con la garanzia di Banca Imi (Gruppo Sanpaolo), da 1,5 miliardi per Banca Popolare di Vicenza, garantita da Unicredit. L’obiettivo è raccogliere il capitale fresco entro la primavera del 2016. Come? Secondo un pepato articolo del Financial Times, abbassando il valore delle azioni sotto quello di mercato, sul modello delle quattro principali banche greche.
Soci arrabbiati e futuri assetti
Chi è già socio si trova di fronte al dilemma: investire ancora in azioni il cui valore è diminuito di molto, e molto probabilmente lo farà ancora con l’arrivo in Borsa, o cercare di vendere? Veneto Banca ha stabilito che chi liquiderà le quote prima della trasformazione in Spa riceverà 7,3 euro ad azione. A quale punto di caduta arriverà la super-svalutazione non è ancora stato stabilito invece per BpVi. Di fatto vendere non è facile perché la Banca d’Italia ha stabilito limiti al diritto di recesso, che è subordinato alla solidità finanziaria delle banche.
La rabbia degli azionisti si è fatta sentire in molti modi. Il Codacons si dichiarerà “parte offesa” se l’inchiesta della Procura di Vicenza porterà a un processo, i piccoli azionisti della Popolare di Vicenza sono scesi in piazza il 12 settembre con le associazioni dei consumatori, l’avvocato Renato Bertelle che sta curando decine di denunce a raffica per conto di azionisti che si sentono truffati dall’aver acquistato azioni il valore pochi mesi dopo sarebbe crollato. L’associazione di Bertelle (Associazione nazionale azionisti della Banca Popolare di Vicenza) raccoglie molti “piccoli”, mentre 22 “big” dell’imprenditoria e delle associazioni di categoria beriche (fra cui Agostino Bonomo, presidente della potente Confartigianato locale, il notaio Gian Paolo Boschetti, Giancarlo Ferretto, presidente di Armes e già a capo di Confindustria Veneto, Silvio Fortuna, Vittorio Gemo) si sono organizzati nella neonata associazione Futuro 150 che intende pesare nella governance della futura Spa.
A Montebelluna è l’Associazione Azionisti di Veneto Banca di Giovanni Schiavon a coordinare i piccoli soci, lamentando la troppa fretta nel decidere il passaggio a Spa, penalizzando chi ha investito i propri risparmi in azioni che erano ritenute “sicure”. In Puglia sono 2 mila i piccoli azionisti di Bancapulia, che fa parte del Gruppo Veneto Banca, e che sono mobilitati dal Movimento consumatori Puglia.
Contro le previsioni, è stato un vero plebiscito l’assemblea dei soci di Veneto Banca del 19 dicembre: il 97% ha votato a favore della trasformazione in Spa, dell’aumento di capitale da 1 miliardo e della quotazione in Borsa. Ha pesato nel determinare un risultato così netto la lettera della Bce che prospettava un commissariamento di fatto nel caso le tre ricette non fossero state approvate. A Vicenza il momento della verità dovrebbe essere il 19 marzo 2016, questa la data ufficiosamente scelta per l’assemblea dei soci, l’ultima con voto capitario. Per Banco Popolare invece l’assemblea si terrà indicativamente nell’autunno 2016.
Giulio Todescan