Elezioni in Veneto: i 5 temi dell'economia

Mancano poche ore dall’apertura delle urne per le elezioni regionali del 31 maggio 2015 in Veneto. Sono cinque gli ambiti più caldi su cui le decisioni della politica avranno un peso essenziale per l’economia: infrastrutture, turismo, lavoro, innovazione, fondi europei. Passo dopo passo, facciamo il punto.

Infrastrutture

Il ritardo infrastrutturale del Veneto fa i conti con la fine del ciclo dei grandi project financing che hanno governato le politiche regionali in questo settore. Per anni la Regione ha definito “strategiche” opere previste da proponenti privati, e su questo modello sono state realizzate opere come il Passante di Mestre. Oggi da un lato la crisi economica, dall’altro le inchieste giudiziarie sulla corruzione, hanno messo fine a questo modello.

Il Veneto per vent’anni ha puntato tutto sulle autostrade. Ma oggi deve recuperare il terreno perduto in altri campi infrastrutturali. La rete ferroviaria di tipo metropolitano del SFMR (Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale) è ferma al palo. La Tav va avanti nella progettazione con la previsione di ben 4 stazioni in 120 km: sembra mancare una regia complessiva. Una via d’acqua come l’Idrovia Padova-Venezia, incompiuta da decenni, attende ancora di essere completata.

Infine le infrastrutture digitali: per la diffusione della banda ultra larga c’è ancora molta strada da fare. In Veneto secondo l’ultimo studio SosTariffe il 79,6% della popolazione non è connessa a internet a velocità di 30 Mbps, sopra la media italiana che è stimata al 77,7%.

Turismo

Con 18mila imprese e 92mila addetti il turismo veneto è un’industria che produce un fatturato di quasi 12 miliardi di euro l’anno, l’8,5% del Pil della regione. Venezia, le Dolomiti, lago di Garda, spiagge e città d’arte: sono i tesori che rendono il Veneto la prima regione italiana per numero di turisti. Ma è un primato su cui non ci si può adagiare: la crisi ha colpito anche questo settore facendo chiudere imprese e perdere posti di lavoro. E il budget regionale per il settore è sceso da 43,7 a 9,8 milioni dal 2010 al 2015, mentre un “vicino” come la Croazia che annuncia investimenti da 1 miliardo l’anno con fondi europei.

Urgono scelte politiche per definire il modello turistico del futuro. C’è da gestire l’invasione del turismo di massa a Venezia, facendo delle scelte anche sulle Grandi Navi in laguna. La razionalizzazione dell’offerta aeroportuale e la creazione di una ferrovia metropolitana efficiente sono altri punti su cui c’è molto da fare.

La sovrapposizione delle competenze rende difficile una regia complessiva. La legge regionale sul turismo del 2013 ha introdotto 9 sistemi tematici, poi ci sono 11 consorzi di aziende turistiche, e infine le Ogd (organizzazioni di gestione della destinazione) che hanno sostituito i vecchi sportelli Iat e Apt e sono lasciate alla libera iniziativa sui territori.

Lavoro

Gli ultimi 5 anni hanno coinciso con l’acuirsi della crisi economica che è stata, ed è ancora, crisi di lavoro. Il Veneto, che si era abituato negli anni del boom a dimenticare la parola disoccupazione, ha visto il tasso dei senza lavoro raddoppiare negli anni della crisi, passando dal 3,5% al 7,7%, con 96mila posti di lavoro persi. I disoccupati sono quasi mezzo milione.

Nel 2014 sono state 3 mila in più le imprese che hanno chiuso rispetto a quelle nuove che hanno aperto. E il Veneto non è attrattivo per i suoi stessi giovani, che sempre più si trasferiscono all’estero in cerca di opportunità. La fuga dei cervelli emigrati all’estero ha riguardato, nel 2013, 8743 veneti, un numero secondo solo a quello della Lombardia.

Innovazione

Il rapporto con la ricerca e l’innovazione è la chiave di volta per riconvertire il sistema di imprese del Veneto e immaginare un’uscita dalla crisi. Confindustria Veneto chiede la formazione di un «Politecnico veneto», corsi magistrali sul Made in Italy e dottorati industriali per valorizzare la ricerca applicata e l’integrazione impresa-Università.

Il progetto Univeneto, coordinamento dell’offerta formativa delle università di Padova, Verona, Ca’ Foscari e Iuav, si è ridotto a una scarna newsletter e non ha mostrato alcuna progettualità. Nel frattempo rischia la liquidazione Veneto Nanotech, la società consortile partecipata dalla Regione per la ricerca e sviluppo nel campo delle nanotecnologie. Proprio quello che a parole, a detta di tutti, andrebbe invece potenziato.

Fondi europei

Ad oggi la Regione Veneto ha speso buona parte dei fondi strutturali stanziati dall’Unione Europea per lo sviluppo regionale per la programmazione 2007-2013: risultano spesi l’81,3% dei fondi Fse (Fondo Sociale Europeo) e il 77,3% dei fondi Fesr (Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale). Il target minimo previsto dall’Ue – fissato al 75,6% per il Fse e al 75,8% per il Fesr – è già stato superato. C’è tempo fino alla fine del 2015 per rendicontare le spese: si vedrà allora se si sarà riusciti a spendere l’intera somma.

Per la nuova programmazione 2014-2020 la Regione ha ottenuto il via libera da Bruxelles al suo Por, la programmazione dei fondi Fse. Manca ancora invece l’ok al piano regionale per i fondi Fesr. Lo scorso febbraio l’Unione ha approvato i primi 11 Por Fesr relativi alle regioni con obiettivo “Competitività”: Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche e Lazio e le provincie autonome di Trento e di Bolzano. Mancano all’appello Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Alla prima bozza presentata dalla Regione, la Commissione Ue ha replicato con la bellezza di 170 osservazioni, chiedendo meno finanziamenti a pioggia e pochi assi di finanziamento ben strutturati. La qualità della progettazione sarà decisiva per il futuro dell’economia veneta.

Giulio Todescan

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