Quotidiani veneti: dieci anni di crollo

di Domenico Lanzilotta

Prima ci fu l’assalto delle tv locali, poi arrivarono il Web, i social network, la condivisione di video e risorse multimediali, il cosiddetto citizen journalism. Quale sia la causa vera nessuno lo sa con sicurezza. Di certo, però, c’è un dato: il crollo subito dalla carta stampata nell’ultimo decennio è stato pesante. E in Veneto assume dimensioni spaventose: tra novembre 2002 e ottobre 2012 le copie di testate locali vendute nel giorno medio sono passate da 267.425 a 193.208: 79.603 copie bruciate, un pesantissimo -29,8 per cento. I dati sono quelli di Ads (la società compartecipata da editori e pubblicitari che si dedica all’accertamento delle diffusioni della stampa) e sono riferiti ai principali quotidiani regionali: Il Gazzettino, il Mattino di Padova, la Nuova di Venezia e Mestre, la Tribuna di Treviso, Il Giornale di Vicenza e L’Arena di Verona.

C’è poco da festeggiare, insomma, anche se su alcuni quotidiani locali in questi giorni si salutavano con favore i dati più recenti diffusi dalla stessa Ads e relativi al trend di leggera crescita registrato tra ottobre e novembre: appena qualche centinaio di copie in più. A pagare il conto più pesante è Il Gazzettino, «Il quotidiano del Nordest» come recita il motto posto al di sotto della testata. Il giornale veneto più longevo, fondato nel 1887 da Giampiero Talamini e per decenni “il” giornale per eccellenza in regione, ha perso tra 2002 e 2012 quasi cinquantamila copie, passando da 120.845 a 73.585 (-39,1 per cento). Male anche L’Arena di Verona (da 47.818 a 34.063, -28,8 per cento), il Mattino di Padova (da 29.142 a 22.623, -22,4 per cento), la Tribuna di Treviso (da 18.055 a 12.821, -28,9 per cento), Il Giornale di Vicenza (da 41.732 a 30.362, -27,2 per cento). Si salva solo la Nuova di Venezia e Mestre, che recupera quasi quattromila copie, passando da 9.833 a 14.098, guadagnando il 43,4 per cento.

Dati difficili da digerire, soprattutto se vengono affiancati a quelli relativi alle radio e alle televisioni locali, da tempo alle prese con una crisi che pare inarrestabile, che ha fatto pagare il prezzo più alto a giornalisti, tecnici e impiegati di tante realtà che hanno contribuito a costruire e raccontare il “miracolo del Nordest”: basti pensare alle vicende di Telenordest, ieri, e di Telechiara, oggi.

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